La coscienza umana

 

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La coscienza come fondamento dell'esistenza individuale

Tutta l'esperienza individuale della nostra vita umana è fondata sulla coscienza. Se consideriamo il funzionamento ed il comportamento dell'organismo umano possiamo osservarne le molteplici attività, ma se rivolgiamo l'attenzione alla nostra vita interiore ci rendiamo conto che solo ciò che entra nell'ambito della coscienza acquista significato in relazione a ciò che noi pensiamo di essere come individui esistenti. La vita umana è sperimentabile solo in quanto viene attivata la coscienza: qualsiasi cosa accada al nostro organismo ed al nostro sistema nervoso resta per noi inesistente se non ha un corrispettivo in termini di coscienza, oppure se non ne sperimentiamo coscientemente le conseguenze. Il nostro sentire interiore, determinato dal funzionamento della nostra mente, rappresenta lo specchio riflettente dell'attività mentale che dà profondità ed interesse all'esistenza umana.

Lo stato dell'essere coscienti non è semplice né omogeneo: si possono classificare diversi stati di coscienza a seconda di ciò di cui siamo coscienti e del livello di attenzione con cui mettiamo a fuoco la coscienza. Possiamo essere coscienti dei nostri pensieri, dell'ambiente che ci circonda, di quello che ci viene detto, di ciò che stiamo guardando, dell'attività che stiamo svolgendo, oppure dei nostri sentimenti e delle nostre sensazioni, della nostra felicità e del nostro dolore, delle nostre fantasie, dei nostri desideri e delle nostre preoccupazioni. Poiché lo stato di coscienza dipende anche dall'attenzione che vi dedichiamo, molte di queste cose vengono messe a fuoco dalla nostra coscienza senza che quasi ce ne rendiamo conto, ma nel momento in cui la coscienza viene meno il mondo e la vita, per noi, smettono di esistere: anzi, viene meno il riferimento stesso dell'io. Resta solo il nostro corpo inerme, o gestito dagli altri, o dotato di qualche forma di attività inconscia: un corpo privo di quella che possiamo definire esistenza individuale. Nell'ambito della vita umana, la differenza tra l'essere coscienti e il non esserlo coincide con quella tra l'esistere e il non esistere. Essere coscienti non significa conoscere, né sapere come gestire il corpo o come comportarsi, ma costituisce semplicemente lo stato dell'esistere individuale: uno stato che può interrompersi o essere interrotto.

Stati di coscienza

La coscienza può presentarsi sotto vari aspetti, quasi come se avesse diverse tonalità di colore: vi è la coscienza ordinaria dello stato di veglia, la coscienza onirica, la coscienza degli stati di consapevolezza alterata, tra i quali possiamo includere i sogni lucidi, le OBE (Out of the Body Experiences), le NDE (Near-Death Experiences), il sonnambulismo, gli stati ipnotici, le allucinazioni, gli stati corrispondenti alla presenza di personalità multiple che si manifestano nello stesso corpo e tramite lo stesso cervello, e le esperienze indotte dall'assunzione di sostanze psicoattive. Nel loro insieme, le esperienze derivanti da queste varie sintonie della coscienza si distinguono da quelle della coscienza ordinaria dello stato di veglia, e vengono di solito classificate sotto l'acronimo inglese di ASC (Altered States of Consciousness), cioè stati di coscienza alterata. Dato che il termine alterata mi sembra improprio, in quanto si tratta di sintonie diverse rispetto a quella normale dello stato di veglia, ma che comunque sono sperimentabili coscientemente, preferisco chiamarli stati di coscienza non ordinari, e come tali sono trattati nelle sezioni ad essi dedicate (stati non ordinari e near death experiences).

Blackout della coscienza

Se la coscienza viene meno del tutto si ha un blackout: l'io individuale smette di esistere, e se per caso la sua coscienza riprende ad essere attiva dopo qualche tempo, il periodo di assenza viene percepito come un vuoto. Per questa ragione coloro che credono che con la morte, che comporta la fine dell'attività cerebrale, ogni forma di coscienza debba venir meno, sostengono a ragione che una persona non può nemmeno rendersi conto di essere morta, proprio perché non ha più coscienza né del suo io, né del suo stato. Tutt'al più, prima della morte, può sapere di essere in procinto di morire, se non è già in stato di coma profondo.

Coscienza e memoria

La coscienza è sintonizzata sul presente, ma per essere completa in relazione alla percezione dell'esistenza individuale ha bisogno del supporto della memoria per quanto riguarda il passato e del senso di continuità dato dalla possibilità di immaginare il futuro, quanto meno a breve termine. Infatti la percezione dell'esistenza individuale va oltre l'attimo presente, che è quello più direttamente messo a fuoco, ma si estende ad un ambito più sfumato e meno intenso che comprende il passato ed in qualche misura il futuro: è come la luce di una torcia elettrica che illumina molto bene ciò che le sta vicino, ma può anche rischiarare, più o meno debolmente, cose via via più lontane. Questo vale per il passato, ma nell'ambito della coscienza rientrano anche fattori come l'intento, la volontà, la previsione, la determinazione o il desiderio, che riguardano il futuro. La memoria consiste nella rievocazione consapevole degli stati di coscienza e dei loro contenuti da noi sperimentati in passato. Gran parte degli eventi della nostra vita sfuggono alla memoria, anche a causa dei disturbi ai quali questa funzione mentale può andare soggetta: tuttavia possiamo essere coscienti sia del ricordare alcune cose, sia del non ricordarne altre, proprio perché la coscienza si distingue dai suoi contenuti.

L'enigma della coscienza

Se pure ciascuno di noi fa continuamente esperienza dell'esser cosciente, poco o nulla sappiamo sulla natura della coscienza. Ragionevolmente la coscienza viene considerata come una funzione dell'attività mentale, o più precisamente come un effetto dell'attivazione di particolari reti di circuiti neuronali all'interno del cervello; tuttavia sulle cause per cui dei fenomeni complessi, ma essenzialmente di natura elettrochimica, debbano avere come effetto la coscienza, siamo in grado di dire ben poco. D'altra parte, come si è visto nella sezione sulla vita, noi viviamo in un universo fisico che si presenta come enigmatico e misterioso da interpretare, in base alle nostre capacità cognitive. Infatti le leggi che noi esseri umani siamo riusciti a scoprire (superando non poche difficoltà, e per merito dell'impegno di persone di intelligenza non comune) non ci dicono nulla sulle cause o sugli scopi della realtà e dell'esistenza umana. Per fare un esempio, tutti sappiamo, e lo sperimentiamo costantemente, che esiste una forza chiamata gravità, e che tale forza è legata a quel fenomeno che conosciamo come materia (in quel particolare aspetto definito come massa). Tuttavia le nostre conoscenze sulle correlazioni tra gravità e materia sono incomplete: abbiamo scoperto delle leggi che mettono in relazione la gravità con la massa, creando un'associazione tra le due, ma queste leggi (pur nella loro esattezza sperimentale) sono una manifestazione delle facoltà cognitive del cervello umano e dipendono, in ultima analisi, da processi informatici astratti. Nulla di sicuro possiamo dire sull'origine e sulla natura delle leggi dai noi scoperte, se non che sono valide nell'ambito delle condizioni ambientali dell'universo fisico che ci sono note. La stessa cosa si può affermare in merito alla relazione che si stabilisce tra gli stati delle reti neurali nel nostro cervello e gli stati di coscienza: una volta stabilita la connessione tra le due cose e riconosciuto che gli stati delle reti neurali influenzano la coscienza (ma è vero anche il contrario), ciò che possiamo dire di sapere è che determinate aree della corteccia cerebrale rappresentano il supporto fisico mediante il quale la coscienza può manifestarsi in questo mondo fisico.

Distinzione tra un automa ed un essere cosciente

Nel considerare l'organismo di un animale, per esempio di un pesce, abbiamo visto come al suo interno sia presente un'enorme quantità di informazione, che si estrinseca essenzialmente come insieme di istruzioni eseguite con adeguata precisione in relazione a determinati stimoli ambientali. Il pesce ci si presenta come creatura cibernetica dotata di organi sensori perfezionati, di sistemi ed apparati in grado di determinare le interazioni con l'ambiente, tra cui un sistema nervoso (un vero e proprio centro di informazione e di controllo a reti neurali) che elabora le informazioni ricevute dall'ambiente e determina il comportamento dell'animale. Tuttavia, mentre possiamo dire senz'altro che il pesce vede, in quanto i segnali acquisiti dallo strumento del suo occhio vengono trasmessi al suo sistema nervoso e da questo elaborati, non abbiamo elementi sufficienti per poter affermare che il pesce sia cosciente di vedere, e cioè che al pesce possa essere associata una forma di autocoscienza. Per quel che ne sappiamo, il pesce potrebbe essere un sistema complesso di servomeccanismi organizzati in modo da funzionare in relazione agli stimoli dell'ambiente in cui esso vive mediante un sistema di controllo neurale: un automa, insomma, magari più complesso di quelli che l'attuale tecnologia umana è in grado di costruire, ma pur sempre un automa. Come si è visto, per il funzionamento degli organismi cibernetici è necessario che l'informazione sia trasmessa al sistema mediante un programma predisposto da un'intelligenza esterna capace di metterlo a punto in funzione di uno scopo, ma una volta che il programma sia stato incorporato nell'organismo, non è necessaria alcuna forma di consapevolezza da parte dell'automa, né vi è necessità di elaborazione cosciente dell'informazione.

D'altra parte noi esseri umani siamo coscienti di vedere, di pensare, di ricordare, di vivere, e sappiamo che la nostra vita avrà un termine: in tutto questo consiste la nostra esistenza come esseri coscienti. Nello stesso tempo, il funzionamento del nostro corpo è per noi altrettanto inconscio quanto quello del corpo di un gatto o di un pesce. Noi non sappiamo per conoscenza diretta come e perché il funzionamento del nostro cervello ci consente di vedere qualcosa: le informazioni che abbiamo in merito sono state acquisite indirettamente e laboriosamente mediante ricerche ed indagini condotte da alcuni teams di cervelli che poi le hanno rese pubbliche. Però se io guardo la luna posso essere cosciente del fatto che il mio occhio ed il mio cervello stanno guardando la luna. Posso anche avere un pensiero al riguardo: posso utilizzare un codice per indicare sia l'oggetto che sto osservando (mediante la parola luna) sia quello che sto facendo (con la frase «sto osservando la luna»). Posso anche memorizzare coscientemente quest'azione, richiamandola attraverso un codice come «ricordo che stanotte ho osservato la luna». Posso rivivere, fino ad un certo livello, le sensazioni e le emozioni associate a quel ricordo, e trasmettere ad un altro essere umano, che condivida con me lo stesso codice di linguaggio, informazioni relative a questo evento ed agli effetti che esso ha prodotto su di me: «La scorsa notte ho osservato la luna e ne sono rimasto incantato».

Dunque è in virtù della coscienza che tutte le funzioni dell'intelletto, del sentimento e della memoria si integrano in quel processo unitario ed individuale che è la vita di ciascun essere umano. La coscienza non elimina il nostro funzionamento animale, né può intervenire direttamente nella complessità dei meccanismi che lo regolano, ma è in grado di acquisire e di elaborare l'informazione mentale in un modo decisamente innovativo rispetto al livello dell'animale, in tutto o in parte inconsapevole. Naturalmente, tra l'essere umano ed il pesce vi è una gradualità di trasformazioni che rendono non solo possibile ma anche plausibile la presenza di forme elementari o anche evolute di coscienza negli animali, in particolare in quelli col cervello più sviluppato, come i mammiferi superiori, che comprendono i primati e i delfini. Ma le caratteristiche che più ci interessano sono quelle alle quali possiamo attribuire una valenza conoscitiva di livello qualitativamente superiore rispetto a quella presente nel mondo animale, soprattutto per quanto riguarda la trasmissione e l'elaborazione dell'informazione.

Interazione cosciente

Mediante la mente gli esseri umani sono in grado di elaborare in modo creativo le informazioni acquisite dall'ambiente esterno e possono mettere a punto e scambiarsi informazioni codificate secondo il linguaggio parlato e scritto. Utilizzando questi codici coloro che riescono ad elaborare le informazioni ad un livello più evoluto possono trasmettere e diffondere nuove conoscenze, che diventano la base per ulteriori elaborazioni. Tutto questo si traduce in un processo creativo gestito alla luce della coscienza: un processo che, come si è visto, diventa particolarmente efficace all'interno delle società complesse, nelle quali gruppi di esseri umani interagiscono collaborando nella progressiva elaborazione delle informazioni acquisite. Così l'umanità ha raggiunto, nel bene e nel male, un potere di conoscenza e di trasformazione del mondo che non è riscontrabile in nessun'altra specie animale. L'enorme quantità di informazioni di cui la coscienza umana oggi può disporre getta nuova luce sul significato della nostra esistenza: l'informazione viene scambiata tra miliardi di coscienze individuali, interagenti tra loro tramite continui scambi di segnali e di informazioni che ai nostri giorni, con i supporti tecnologici di cui disponiamo, avvengono a ritmi sempre più intensi. Sotto questo profilo Internet costituisce il sistema privilegiato per lo scambio di informazione: una rete informatica nella quale la coscienza di individui organici umani si integra con una tecnologia non organica.

Per quanto riguarda i dati provenienti dal mondo fisico, la coscienza si presenta come destinataria, elaboratrice ed interprete di un'informazione in parte già decodificata. Quando si usano espressioni come «la natura rivela i suoi segreti» oppure «la scienza svela un altro mistero della natura» si intende dire che l'informazione, presente da milioni di anni nel mondo fisico, si è trasferita nella coscienza umana mediante un canale aperto di recente. Se è vero, come sembra, che la complessità della struttura del cervello umano non è mutata da migliaia di anni a questa parte, quello che è cambiato in epoca recente è la quantità e la qualità delle informazioni che i cervelli si scambiano, dopo averle elaborate.

Coscienza e cervello

In merito alla questione se la coscienza sia un fenomeno dipendente esclusivamente dell'attività del cervello oppure se possa essere attivata anche mediante altri strumenti, non si deve mai sottovalutare l'importanza e la potenza del cervello nell'elaborazione di tutti i contenuti dell'attività mentale: nella sola neocorteccia sono presenti 2 milioni di chilometri di fibre nervose (più di cinque volte la distanza tra la Terra e la Luna), ed in ogni millimetro cubo di materia grigia ci sono chilometri di cavi in grado di trasmettere segnali modulati. Senz'altro tutto quello che perviene alla nostra coscienza deve essere considerato, di norma, come risultato del funzionamento del nostro cervello, tuttavia uno stato di coscienza potrebbe essere acquisito anche con altri strumenti, almeno in linea teorica. L'argomento probante della dipendenza della coscienza dall'attività cerebrale è il fatto che la coscienza viene meno se si interviene mediante sostanze chimiche su determinate aree del cervello, oppure quando alcune zone dell'organo smettono di funzionare per un trauma o perché viene meno l'alimentazione e l'apporto di ossigeno. È un dato di fatto dunque che nella dimensione fisica la coscienza sia determinata dall'attività cerebrale: per un approfondimento dello stato attuale della ricerca scientifica su questo tema si rimanda alla pagina seguente. È opportuno però ricordare che il cervello stesso è uno strumento predisposto e messo a punto da un piano evolutivo di cui non sappiamo assolutamente nulla, al di fuori delle inaffidabili informazioni elaborate nel tempo dalla psiche umana: nei secoli di storia dell'umanità, e presso le diverse culture, tali informazioni hanno assunto le forme più varie e più bizzarre, tanto che se diamo un'occhiata retrospettiva a tutto il materiale che la psiche ha prodotto siamo presi dalla tentazione di dubitare di ogni forma di speculazione filosofica, data la mancanza di strumenti di conoscenza affidabili, fatta eccezione per quelli matematici (fondati sulla logica e sul calcolo), e per quelli derivanti dall'evidenza sperimentale.

Nella dimensione fisica i programmi che ci vengono trasmessi dall'ambiente socioculturale nel quale viviamo rappresentano un enigma sotto il profilo dell'attendibilità dell'informazione: si tratta infatti di sintonie della psiche sulle quali non si può mai fare pieno affidamento. Per la maggior parte, gli esseri umani vivono la propria vita in un'accettazione quasi completa e spesso passiva, anche se cosciente, dei segnali e delle informazioni che derivano, oltre che dall'efficienza dello strumento cerebrale, dalle istruzioni e dagli stimoli ricevuti durante il loro sviluppo, dai condizionamenti socioculturali e dalle interazioni con l'ambiente e con i propri simili: in ultima analisi il loro modo di funzionare è determinato da tutti i programmi inseriti all'interno del sistema somatico e mentale mediante il quale vivono in questa dimensione. Questi fattori non sono altro che variabili di un unico fenomeno di grandiose proporzioni, la psiche umana, nel quale la nostra coscienza individuale si trova immersa, ma rispetto al quale l'io cosciente sembra avere un potere di controllo e di comprensione davvero limitato.

Limiti dell'affidabilità delle informazioni ricevute

Il quadro tuttavia non è più così tragico da quando gli esseri umani possono disporre di un metodo e di tecnologie che consentono di verificare la correttezza dell'informazione almeno in relazione al mondo fisico. In questo consiste il valore della conoscenza scientifica sperimentale, che per quanto ancora recente e limitata, soprattutto a causa della complessità dei vari aspetti di questo mondo, tuttavia ci offre dei vantaggi ed un potere reale – pur con tutti i suoi limiti – per quanto riguarda le necessità della vita. Ci si può chiedere se, nel suo ruolo ricettivo dei contenuti della psiche, l'io cosciente sia completamente passivo oppure possa avere anche una partecipazione attiva, influenzando entro certi limiti il funzionamento della psiche stessa. È certo che l'io dispone di una facoltà intenzionale e volitiva che cerca di influenzare, non di rado con scarso successo, il funzionamento della mente, anche in relazione ad orientamenti che trascendono le esigenze naturali del nostro organismo. Per esempio, il bisogno di conoscenza, la difesa dell'armonia e della giustizia in relazione agli errori presenti nella vita, e l'esigenza di trovare un significato nell'esperienza della nostra vita individuale, possono essere considerate manifestazioni dell'intento di trascendere i normali contenuti derivanti dalle manifestazioni della psiche. Di questo ci occuperemo più in dettaglio nella pagina dedicata al fenomeno della psiche umana.

Il significato della nostra vita cosciente

In sintesi, la presenza della coscienza fa sì che ciascuno di noi diventi centro di esperienza di una vita, e che quest'esperienza sia diversa, in misura più o meno grande, da un essere umano all'altro. Proprio l'intensità ed il coinvolgimento con cui quest'esperienza viene vissuta, che non dipendono da una nostra intenzione cosciente ma sono determinati dai requisiti stessi dell'organismo mediante il quale viviamo e dalla sensibilità dell'io, fanno sì che per ciascuno di noi la propria vita sia il più importante aspetto della realtà. Se noi guardiamo le cose dal punto di vista del processo evolutivo nel suo complesso e nel suo sviluppo storico, umanità compresa, non possiamo che considerarci pedine, elementi funzionali all'evoluzione del fenomeno, senza alcun altro scopo se non quello di dare il nostro contributo obbligato al successivo prodursi di nuovi sviluppi. Figli e figlie della tensione energetica che governa la riproduzione fin dalle prime fasi dell'evoluzione animale, tutti i nostri requisiti più specificamente umani – fatti di pensieri, di sentimenti, di emozioni, e di ogni altra cosa che determina la vita interiore cosciente di ciascuno di noi – non sarebbero altro che prodotti di autoregolazione di un sistema messo a punto dall'evoluzione stessa.

Possiamo tuttavia osservare, proprio attraverso le nostre attività mentali più evolute, che tra le nostre esigenze più forti c'è quella di indagare il significato della nostra esperienza e della nostra vita, sia sotto l'aspetto individuale, che ci riguarda più da vicino, sia sotto l'aspetto sociale e collettivo, attraverso la necessità di regolamentare e di dare una direzione allo sviluppo delle nostre società. Mi sembra che questa ricerca umana del significato sia in contraddizione con la valutazione dell'evoluzione come fenomeno privo di intento e di scopo, quale emerge da alcune teorie culturali riduzioniste a carattere speculativo e non scientifico tipiche della nostra epoca. È più plausibile invece che proprio l'emergere della coscienza, anche in quanto rivelatrice del desiderio di conoscenza presente nell'io, porti con sé l'esigenza di un processo di feedback mediante il quale il fenomeno si possa autorappresentare tramite l'attività mentale di uno dei suoi prodotti (il cervello umano), alla ricerca di una comprensione cosciente dei propri futuri sviluppi. Sotto questo aspetto osserviamo che si presentano alla nostra coscienza elementi significativi di informazione (sotto forma per esempio di altruismo, di desiderio di giustizia, o di miglioramento della condizione umana) che devono pur aver origine da qualche cosa, dato che l'informazione viene sempre trasmessa da una sorgente ad un destinatario.

L'esperienza stessa della vita e i segnali che riceviamo dall'ambiente, elaborati mediante il nostro strumento mentale, ci indicano la mancanza di un equilibrio soddisfacente nel modo in cui ogni essere umano sperimenta la vita. Alcune esperienze sono interessanti e gratificanti, altre sono dure, prive di prospettive e talvolta piene di sofferenza. E nel modo in cui i singoli esseri umani si confrontano con questa situazione si verifica una sostanziale antitesi: alcuni sono pronti a trarre vantaggio dalla loro condizione, anche sfruttando le miserie altrui per proprio tornaconto, mentre altri sono disposti a sacrificare il loro stesso benessere nel tentativo di migliorare le condizioni di vita del prossimo. Inoltre si può osservare che proprio la funzione di elaborazione mentale non esplica gli stessi effetti in tutti gli esseri umani: in alcuni di essi i programmi mentali sono molto semplici e limitati, quasi a livello elementare, mentre in altri la mente elabora continuamente nuovi elementi di informazione, di livello sempre più complesso, che interagiscono con la cultura sociale contribuendo a determinarne l'evoluzione successiva.

Il senso di giustizia di cui sembriamo essere dotati ci impedisce di poter considerare con soddisfazione la vita umana come un'esperienza fine a se stessa. Il predatore e la vittima, per esempio, possono essere considerati sullo stesso piano nell'ambito delle leggi che regolano la natura, laddove ogni organismo agisce esclusivamente secondo il programma che lo dirige, ma non possono più esserlo alla luce delle valutazioni sociali elaborate dalla ragione umana. Pur ammettendo l'effetto di una componente informatica che può predisporre geneticamente a certe modalità di comportamento, negli animali come negli esseri umani, va tenuta presente anche la componente culturale ed ambientale e l'influenza non indifferente che essa esercita, nel bene e nel male, nel plasmare i comportamenti e le stesse modalità di funzionamento della mente individuale nell'ambito dei sistemi sociali. Ma anche altre cose del tutto naturali, come le malattie e le sofferenze che esse comportano, o gli errori genetici (che pure vengono spesso considerati come uno dei motori dell'evoluzione), possono apparire come indesiderabili, e dunque da evitare, sempre alla luce della ragione umana.

La valutazione cosciente della condizione umana

L'attuale condizione umana sembra dunque sospesa tra due stati, quello abbastanza ben noto del passato, dominato da dinamiche mentali in gran parte non controllate dall'io, prevalentemente istintive o fondate su elementi informativi e conoscitivi erronei, e quello del futuro, nel quale coscienza e conoscenza dovrebbero avere un ruolo più importante. Una delle cose di cui anche la scienza dovrà tener conto è l'importante feedback rappresentato dalla valutazione del senso della vita da parte degli esseri umani. Non c'è dubbio infatti che considerare la vita umana come un evento concluso in se stesso, senza altri valori e senza altre prospettive se non quelli di barcamenarsi tra i problemi della sopravvivenza, le esigenze collettive e i guai del proprio stato di salute (per non parlare di disgrazie, come guerre e carestie, che tuttora non risparmiano tanti esseri umani in diverse parti del mondo) non può avere come ritorno una visione del mondo più evoluta e positiva, improntata sulla fiducia reciproca, sulla collaborazione e sull'impegno per rendere questo mondo un luogo migliore in cui vivere.

In conclusione, se la nostra vita dovesse ridursi semplicemente a servire un fenomeno naturale di cui non ci è rivelato né l'intento né lo scopo, nel quale siamo stati inseriti dalla pulsione alla riproduzione che ha coinvolto i nostri genitori (o anche uno solo di essi), ed al quale siamo vincolati dall'impulso che ci obbliga a sopravvivere, indipendentemente dal fatto di essere soddisfatti o meno del nostro stato, la condizione del nostro io non potrebbe essere definita libera, e questo solo fatto ci darebbe il diritto di manifestare la nostra insoddisfazione, in virtù della nostra posizione di esseri coscienti. Diventa allora comprensibile come l'ipotesi di una sopravvivenza dell'io cosciente possa offrire conforto a molti esseri umani, non tanto come conferma del perdurare di una condizione simile a quella terrena (non di rado poco soddisfacente, e che corre sempre il rischio di trasformarsi in un tormento che, quanto prima finisce, tanto meglio è), quanto per la possibilità di poter coltivare, tramite l'evoluzione dell'io cosciente, un valore che in questa realtà spesso non viene riconosciuto o viene perfino negato.

Chi vive coscientemente l'esperienza umana ha infatti tutto il diritto di elaborare e di manifestare l'esigenza di dare un significato al proprio stato, considerati i limiti e le miserie di tale condizione. Non farlo sarebbe come mettere una firma di consenso al proprio asservimento. Ogni volta in cui si manifesta nei confronti della vita una tensione che porta a desiderare ed a cercare di ottenere qualcosa di più evoluto in termini di conoscenza, di libertà, di amore e di solidarietà, lì è presente uno stimolo che cerca di superare i processi di funzionamento naturale fin qui sperimentati.


 

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