L'io e la psiche: una relazione complicata

 

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Il cervello, la psiche e l'io

Il motivo per cui il rapporto tra l'io cosciente e la psiche non può essere approfondito in modo soddisfacente sotto il profilo dell'attività cerebrale, risiede soprattutto nella mancanza, allo stato attuale, di informazioni adeguate sulle funzioni cerebrali che determinano le esperienze della psiche più evolute sul piano umano. Mentre disponiamo già di informazioni sufficienti, anche se non esaurienti, sul modo in cui funzionano le reti neurali che determinano le percezioni sensoriali, i riflessi e le attività motorie, comprese quelle linguistiche, e sulle strutture cerebrali coinvolte nella memoria a breve, medio e lungo termine, non sappiamo ancora bene come inquadrare la complessa vita interiore dell'io cosciente in base al funzionamento del cervello. Nel merito l'interpretazione attualmente più diffusa è che anche l'io cosciente sia una rappresentazione determinata dall'attività complessa di reti neurali presenti nella neocorteccia, ma è stata già messa in evidenza – nella pagina su coscienza e scienza – la difficoltà di risolvere il problema dell'esistenza della coscienza sulla base delle sole attività elettrochimiche che stanno alla base del funzionamento delle reti neurali. Ancor più difficile, sotto questo profilo, è comprendere in che modo le complesse interazioni tra l'io cosciente e la molteplicità delle esperienze della psiche nelle quali è coinvolto possano essere spiegate da un'attività esclusivamente automatica, pur se complessa. In particolare, come si è visto nella pagina sulla funzione creatrice della mente umana, non si possono ricondurre le facoltà ideative del cervello, capaci di progettare e di realizzare strutture formali complesse che prima non esistevano, alle sole funzioni percettive, memorizzatrici e motorie che condividiamo con altri animali. Dunque per ora è preferibile limitarsi ad indagare le relazioni tra l'io e la psiche dal punto di vista dell'esperienza cosciente soggettiva.

Il coinvolgimento dell'io da parte della psiche

Ogni persona che abbia vissuto a sufficienza può rendersi conto delle difficoltà incontrate dall'io nella gestione dei nuclei della psiche che continuamente lo coinvolgono. Per alcune persone la vita può essere paragonata alla traversata di un mare abbastanza calmo, con qualche episodio di agitazione o di burrasca, ma per altre persone le acque sono spesso tempestose e non di rado l'io sfiora il naufragio. Al di là della metafora, gli effetti del coinvolgimento dell'io nelle esperienze della psiche, e le risorse di cui dispone per riuscire ad attraversare in modo positivo e sensato l'esperienza della vita, derivano dal funzionamento del cervello, dalle condizioni ambientali, e dalla capacità di elaborare i programmi acquisiti tramite i condizionamenti socioculturali. I programmi di cui disponiamo attualmente nella nostra cultura sono ancora largamente inadeguati, in quanto tendono a lasciare l'io in balia della psiche e danno per scontata la sua identificazione con le istanze della stessa, limitando ogni possibilità di evoluzione e di liberazione. Ma prima di approfondire il tema dell'emancipazione dell'io rispetto al dominio degli aspetti meno evoluti della psiche, è importante esaminare le cause che hanno portato i nuclei della psiche ad avere sull'io un tale potere di coinvolgimento.

La polarità piacere/dolore

È evidente che a gran parte dei nuclei della psiche che sperimentiamo si associa un potere di coinvolgimento dell'io che assume ogni possibile sfumatura tra un estremo positivo di massimo piacere e di felicità ad un estremo negativo di massimo dolore e di sofferenza. Questa polarità ha avuto un'origine ed un'evoluzione di gran lunga precedenti alla comparsa dei primi esseri umani, dato che possiamo osservare come il comportamento degli animali sia determinato da esigenze primarie collegate alla soddisfazione dei propri bisogni ed alla necessità di sfuggire i pericoli. Bisogni e pericoli sono riferiti alla sopravvivenza, allo stato di salute dell'organismo ed alle esigenze riproduttive. Sembrerebbe dunque, almeno a prima vista, che la polarità piacere/dolore associata ai nuclei della psiche abbia una finalità precisa tale da giustificarla: ad un esame più attento però le cose si presentano in modo più complesso. Infatti, per esercitare il loro effetto, i nuclei della psiche umana devono coinvolgere l'io tramite la coscienza, mentre le reazioni ed il comportamento di molti animali potrebbero anche non prevedere alcuna forma di coscienza: ricordo ancora l'esempio dei bambini molto piccoli, nei quali la coscienza non si è ancora attivata, ed il cui comportamento esprime forme di soddisfazione o di dolore collegate ai bisogni del corpo.

Si potrebbe osservare che, sebbene i bambini piccoli non siano coscienti, gli adulti che che si prendono cura di loro lo sono. La coscienza e l'io potrebbero infatti aver avuto origine dall'esigenza di gestire in modo unitario quella complessa organizzazione di entità cellulari che costituisce un organismo pluricellulare evoluto: se così fosse, dovremmo riconoscere la presenza di una coscienza e di un io in qualsiaisi animale complesso vivente. In ogni caso, il sistema della polarità piacere/dolore si dimostra in gran parte inefficace proprio in relazione a quelle finalità alle quali dovrebbe servire: infatti l'io cosciente spesso non viene informato in modo corretto sulle reali cause che provocano il piacere o il dolore (basti pensare alle malattie provocate dai parassiti, dai batteri e dai virus, che pure sono diffuse anche tra gli animali), oppure viene ingannato da ciò che gli sembra vantaggioso, e dunque piacevole (come nel caso dell'esca sull'amo, che induce il pesce ad abboccare). Insomma, si potrebbero citare molti esempi di fallimenti del sistema piacere/dolore in relazione alla sopravvivenza ed alla salute dell'individuo, tanto che è stato ipotizzato come in realtà quel sistema non sia al servizio dell'io, ma subordini l'individuo al successo della specie nel suo complesso. Si può essere d'accordo, ma va tenuto presente che gli effetti negativi del sistema sono concretamente sopportati dall'io di un organismo, non da quell'entità astratta che è la specie nel suo complesso. Dunque, ancora una volta, dovremmo riconoscere che la polarità piacere/dolore contribuisce a rendere l'io funzionale ad un progetto che lo trascende, o quanto meno che va al di là delle sue possibilità di comprensione.

L'acquiescenza dell'io ed il suo assoggettamento alle norme culturali

La polarità piacere/dolore rappresenta per l'io una delle sfide più importanti della vita, assieme al mistero della morte. La complessità delle dinamiche della psiche che vengono attivate in questa fase dell'evoluzione umana fa sì che l'io non riceva nemmeno, da parte del cervello al quale è associato, informazioni corrette in merito alla gestione dei nuclei della psiche nei quali è coinvolto: la debolezza dell'io si manifesta soprattutto nei confronti dei nuclei basati sull'illusione e sull'inganno, e nell'incapacità di valutare correttamente le future conseguenze negative di scelte che sembrano comportare vantaggi immediati. Nella maggior parte dei casi l'io non è in grado di porsi come controparte attiva e vigile di fronte ai nuclei della psiche che lo coinvolgono, ma si limita a funzionare sulla base di programmi che sono stati trasferiti nella sua mente dalla cultura di riferimento. Questi programmi possono essere molto diversi da una cultura all'altra, e dipendono anche dal modo in cui la psiche collettiva che caratterizza ogni cultura si evolve nel tempo. Ma anche all'interno di una cultura, i programmi possono variare da un individuo all'altro in funzione del ruolo sociale attribuito a ciascun individuo e delle differenze di ambiente in cui ognuno viene a trovarsi nelle varie fasi della sua vita. In linea di massima questo sistema, non particolarmente evoluto, consente alle società umane di funzionare nel loro complesso, ma ne determina anche le crisi, le contraddizioni, le disfunzioni e le disgregazioni. Le persone che, in una fase più o meno avanzata della loro vita, riescono a porsi in modo intelligente il problema della differenziazione dell'io rispetto ai nuclei meno evoluti, in modo che esso possa assumere un orientamento autonomo, consapevole e critico nei confronti della propria psiche, sono una netta minoranza.

La liberazione dell'io dall'asservimento alle dinamiche della psiche

Va però riconosciuto che l'io non è nella condizione di poter giudicare o criticare le manifestazioni e le finalità di quei processi della psiche che – nel bene e nel male – hanno determinato e determinano quello che viene considerato un progresso evolutivo del genere umano (così come non può criticare o condannare la natura nel suo complesso), perché manca delle conoscenze necessarie per una corretta valutazione del piano generale. La critica può essere rivolta solo verso singoli elementi del piano, che risultano contraddittori o conflittuali rispetto ad altri elementi. L'atteggiamento di valutazione critica da parte dell'io nei confronti dei programmi originati dalla psiche che determinano il suo asservimento alle norme di un certo sistema socioculturale (norme che quasi sempre esplicano la loro efficacia mediante l'attivazione di nuclei collegati alla polarità piacere/dolore) richiede l'adozione di particolari strategie tese ad evitare situazioni troppo critiche per l'io stesso. Nella storia, tuttavia, si sono sempre verificati (e si verificano tuttora) casi nei quali l'io – per mantenersi coerente con la propria posizione critica – ha dovuto affrontare ogni sorta di sofferenze, ed anche la morte. In situazioni di questo genere, solo uno stoico distacco nei confronti delle manifestazioni della sofferenza può rendere l'io sufficientemente forte da resistere ai condizionamenti interiori.

Presso alcune culture sono state elaborate e trasmesse delle tecniche ausiliarie per il processo di liberazione dell'io dai condizionamenti socioculturali e dalla polarità piacere/dolore generata dalla psiche. Queste tecniche non comportano il suicidio, anche se alcune deviazioni culturali possono arrivare alla teorizzazione della liberazione dell'io (considerato in quanto anima o spirito) dalla prigione del corpo, mediante forme di suicidio rituale. Nella loro impostazione storica – come nello yoga classico o in alcune forme di ascesi monastica – queste pratiche prevedono comunque una rinuncia al mondo, attuata mediante la sottrazione dell'organismo ai ruoli ed alle attività riconosciute ed incentivate in ambito sociale. Inoltre, anche se il suicidio non viene attivamente praticato, viene perseguita la liberazione dalla paura della morte, che produce un atteggiamento di indifferenza nei confronti della morte stessa. Si tratta dunque di tecniche che comportano un allenamento dell'io cosciente, che può così sottrarsi all'assoggettamento ai programmi di funzionamento naturale e sociale. Alcune forme meno drastiche di tali pratiche permettono forme di partecipazione ad attività sociali, purché l'io possa rimanere svincolato dall'assoggettamento alla polarità piacere/dolore.

È evidente che, alla base di questa ricerca (un esempio della quale è rappresentato dalla vita del Buddha), ad un certo punto della vita vi dev'essere una sorta di valutazione negativa del bilancio complessivo tra il piacere ed il dolore come principio e causa dell'orientamento dell'io, dato che l'io è naturalmente attratto dal piacere: dunque, pur di non pagare un prezzo eccessivo alla sofferenza, l'io sarebbe disposto a rinunciare ad entrambe le polarità della psiche. Ma non è questa l'unica motivazione: vi è infatti anche la ricerca di un livello superiore, nel quale l'io cerca di liberarsi dalla polarità piacere/dolore, tipicamente umana, per poter accedere ad un diverso stato di felicità eterna e libera dal polo negativo. Si tratta, evidentemente, di una condizione che va al di là dell'orizzonte e dei confini di questa vita, ma che – secondo alcune testimonianze – può essere sperimentata, estaticamente o in altra forma, anche mentre il cervello è ancora in vita.

Comandi e desideri

Il modo in cui l'io reagisce ai condizionamenti determinati dai vari nuclei della psiche non si mantiene costante per tutta la durata della vita: il trascorrere degli anni, il complesso delle esperienze vissute e la consapevolezza dell'approssimarsi della morte possono portare a sensibili mutamenti di orientamento, anche se in molti casi le abitudini contratte ed i vincoli familiari e sociali costituiscono ostacoli insuperabili che impediscono la ricerca di un'evoluzione liberatoria. Di norma, comunque, per buona parte della vita i nuclei della psiche esercitano la loro attività di controllo dell'io tramite le due forme programmatiche del comando e del desiderio. I comandi determinano il nostro funzionamento in modo che si potrebbe definire automatico: spesso l'io non è nemmeno coscientemente coinvolto nel processo decisionale che porta all'esecuzione di un comando. Quando al mattino ci alziamo al segnale della sveglia e ci prepariamo per andare a lavorare, obbediamo ad un comando. Ma anche quando ci preoccupiamo o ci irritiamo perché un contrattempo ci impedisce di prender parte ad un evento programmato, eseguiamo un comando. In linea di massima i comandi ci impongono di eseguire quei compiti ai quali non si associano effetti positivi piacevoli, ma effetti neutri, e non di rado anche sgradevoli. Il comando esplica i suoi effetti anche quando una pulsione, un'emozione o un sentimento travolgono l'io, impedendogli di esercitare quelle funzioni di orientamento, di controllo e di decisione consapevole sulle quali dovrebbe poter fare affidamento. Ovviamente, quanto più debole è l'io, tanto più sarà in balìa dei comandi ricevuti.

Un'altra forma di condizionamento dell'io particolarmente utilizzata nell'ambito dei sistemi socioculturali complessi è rappresentata dal desiderio. Di solito il desiderio si presenta come una promessa di ottenere l'attivazione di nuclei della psiche piacevoli e gratificanti, in conseguenza di azioni e comportamenti tesi ad ottenere un certo risultato. Tuttavia, a differenza dei comandi, i desideri lasciano all'io una capacità di valutazione ed una facoltà di scelta che gli permettono di decidere se adempiere o meno a ciò che il desiderio gli suggerisce. L'intensità dei desideri è molto variabile: in qualche caso possono diventare ossessivi ed acquistare la forza di veri e propri comandi che non danno tregua all'io finché non vengono esauditi. Il desiderio diventa ossessivo quando, alla promessa di un piacere derivante dal conseguimento di ciò che si desidera, si sostituisce una sofferenza continua e progressiva per il mancato o ritardato esaudimento del desiderio. La debolezza dell'io, sotto questo profilo, è ancor più evidente rispetto al caso dell'assogettamento ai comandi, perché un io normalmente sano non dovrebbe poter essere afflitto da desideri ossessivi. Purtroppo nella nostra epoca molti desideri vengono continuamente stimolati ed incentivati come forma di controllo dei comportamenti individuali e di indebolimento delle risorse dell'io: infatti un io debole è molto più facilmente controllabile, nell'ambito di un sistema sociale, rispetto ad un io dotato di maggiore resistenza. Ai nostri giorni l'economia dei paesi più sviluppati si basa in buona misura sull'induzione programmata di desideri e su sollecitazioni continue al loro appagamento.

Le conseguenze dell'indulgenza

Come si vede, la complessità delle interazioni tra l'io ed i nuclei della psiche rende quanto mai ardua e problematica l'impostazione di una corretta strategia che sia in grado offrire all'io gli strumenti necessari per orientarsi e per poter affrontare determinate esperienze. Per varie ragioni, in parte intuibili ed in parte oscure, ai nostri giorni e nelle nostre società prevale un atteggiamento ingenuamente fiducioso nei confronti della psiche, che tende a considerare con indulgenza la subordinazione dell'io alle varie istanze della medesima (che si manifestano come comandi e desideri), soprattutto nelle fasi dell'infanzia e dell'adolescenza, nelle quali sarebbe invece necessario poter disporre di strumenti programmatici già collaudati e verificati come più adatti a far fronte alle difficoltà che la vita presenta. I processi educativi basati sull'eccessiva indulgenza tendono ad indebolire l'io, rendendolo poi più docile e più facilmente controllabile, nel corso dell'età adulta, da parte dei poteri che controllano l'economia ed i sistemi sociali, e nello stesso tempo rendendolo più vulnerabile ed inaffidabile nei confronti delle dinamiche della psiche che possono determinare bruschi mutamenti nella personalità. In questi tempi si ha la netta impressione che il vaso di Pandora della psiche sia completamente aperto, e che lasciarsi travolgere dai vari effetti prodotti dalla psiche umana costituisca per l'io il significato più profondo della vita, per il quale è disposto a pagare un prezzo molto alto, in termini di autonomia e libertà.

Le conseguenze di questo orientamento programmatico socioculturale, probabilmente determinato dal prevalere – nell'evoluzione del fenomeno della psiche – di certe sintonie rispetto ad altre, possono portare ad un incremento del caos nei rapporti interpersonali, e di conseguenza ad uno sgretolamento nel funzionamento delle società. Può darsi che, di fronte ad uno scenario che diventerà progressivamente sempre più disordinato ed ingestibile, gli esseri umani cominceranno a sentire il bisogno di mettere in atto autonomamente e liberamente, mediante il loro intento, un processo di liberazione dell'io dall'identificazione incondizionata con i nuclei della psiche che lo dominano: è già accaduto nella storia dell'umanità che periodi di crisi sociale abbiano agevolato i processi di evoluzione interiore di alcuni individui. Si è però trattato quasi sempre di processi limitati a pochi individui o a ristretti gruppi di persone, che in qualche caso hanno poi messo a punto programmi a carattere etico, politico o religioso che si sono diffusi per condizionamento culturale (cioè tramite un'altra forma di asservimento dell'io da parte di sintonie diverse). Solo un processo di liberazione intenzionale, autonomo e volontario da parte dell'io di consistenti gruppi di esseri umani potrebbe portare ad una società più armoniosa e meno conflittuale, ma è dubbio che questo possa avvenire nei prossimi decenni. Dunque non ci resta che guardare con attenzione e con un certo ironico interesse la gamma scintillante delle manifestazioni della psiche, positive e negative, evolute ed arcaiche, gradevoli e fastidiose, che passano ogni giorno sotto i nostri occhi di spettatori della tragicomica rappresentazione interpretata da ingenti masse di esseri umani obbligati – una volta venuti al mondo – ad interpretare la loro parte in modo più o meno inconsapevole.


 

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