Storia di un medium italiano: settima parte

 

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Comunicazioni della guida Luciano

Silvio Ravaldini cominciò ad assistere alle sedute nel 1939, quando già si manifestava questa entità guida, e ne ricordava bene la voce profonda, tendente al basso, che dava l'impressione di appartenere ad una persona anziana e profondamente buona. Luciano dette alcune indicazioni su quella che era stata la sua vita terrena. Secondo Ravaldini, Luciano riferì anche il proprio cognome, ma lui non lo ricordava e non è stato registrato nei verbali. Luciano, che si esprimeva sempre in modo coerente ed assennato, fornì anche alcune informazioni in merito al trapasso ed allo stato dello spirito. L'entità Luciano venne introdotta per la prima volta da Amato nella seduta del 9 novembre 1938, riferendosi al trapasso di Boris Chiti (il motociclista): Amato dice in proposito: "Lui ha luce, ed io non lo consiglierei a reincarnarsi. Ha per guida un’entità che il suo corpo si chiamava Luciano che è guida anche di un altro trapassato da due giorni per ferite riportate col proprio fucile a caccia; è di Certaldo. Queste due entità trapassate da poco si vedono perché hanno le stesse vibrazioni. Luciano è una guida molto buona.

Nella seduta seguente, il 14 novembre: Luciano fa voce augurando luce a tutti, quindi dice: "Boris trapassato da poco è con voi; dice di essersi già reso conto del suo trapasso e brucia di gioia. Dite ai suoi genitori di non piangerlo, ma di pensarlo. Voi non potete sentire Dio come lo sentiamo noi; la vostra luce è prigioniera del corpo e non si può immaginare il vero quando non si è visto. Io trapassai circa cento anni fa a Certaldo; credevo a modo mio, ma ho creduto molto; facevo il falegname e facevo e riparavo anche le botti. È la prima volte che materializzo la voce; mi sono fatto sentire altre volte, ma facendo soltanto dei vuoti d'aria, cioè colpi. Quando avevo corpo non credevo di poter comunicare bene così. Avevo un fratello più giovane che trapassò prima di me, e dei cugini figli di un fratello di mia madre; ora non ho più nessuno a Certaldo. Noi, a volte, possiamo comunicare col vostro spirito e influire su di esso solo quando la legge dell'Infinito lo concede. Qui potrò ritornare quando mi sarà permesso; non c'è un uomo che impedisce, ma è legge dell'Infinito. La legge dell'uomo è falsa. Ho un grande bruciare di desiderio di vedere le vibrazioni dei più elevati; li sento solo per intuito, ma non li vedo; le mie vibrazioni non vedono neppure il formarsi della materia". Sentiamo dei piccoli colpi e domandiamo a Luciano chi è. Ci viene risposto che è un'entità che ha luce e che trapassò quando il suo corpo era ancora molto giovane; non vuol fare nessuna comunicazione. Luciano dice ancora: "La medianità l'abbiamo tutti, a chi si sviluppa è medium. Io, in nome di Dio, sono Luciano. La seduta fatela quando volete. Luce a tutti".

(20 novembre 1938) Luciano (riferendosi al medium): "Stasera questo ragazzo ha i nervi un po' scossi, ha avuto qualche dispiacere". Rientra Luciano: "Mario, c'è qui il tuo cugino trapassato da poco e dice che ora si vive, e che il vero pensiero è immaginarlo luce. Vi dice che gli dispiace molto di essere stato un po' contrario a queste sedute, e vi ripete luce. Il linguaggio nostro è di dire sempre luce, sia come saluto, sia come per ringraziare. Queste interruzioni di entità che vi salutano e spariscono subito dipendono dal fatto che queste entità medesime pensano alla loro casa e ai loro cari e subito ci si trovano, perché per il pensiero non ci sono distanze. Cose queste da sbalordire, ma lo spirito non ci sbalordisce mai. Ci sono delle persone che dicono di non credere, ma il loro spirito crede perché è venuto da Dio e sa che Dio esiste. Io me ne vado, tolgo i fluidi; se volete rimanere rimanete pure, ma aprite le tende perché le tende chiuse favoriscono entità basse".

(24 novembre 1938) Anche Luciano si manifesta a colpetti e gli chiediamo se questa sera si potrà sentire la sua voce. Risponde affermativamente , e quindi fa voce dicendo: "Luce a tutti. Dio esiste. Questi colpi che non comprendete sono fatti da entità che trapassarono quando avevano il corpo ancora piccolo. Stasera vedo che ci sono molte vibrazioni che desiderano comunicare; vi dirò io per non consumare troppa forza: Nina Pollari, Sussi Giuseppe, Chesi Giuseppe, babbo di Augusto, babbo di Leontina, Martini, Guglielmo, Boris che vi dice: «È bello vivere così; sono arrivato fino alla luna e ora voglio girare l'universo», una che fu la compagna di Mario, uno che dice: «Mi pare un sogno vederti con questa fede», Libero, il nonno di Renzo Campigli. Tutti vi augurano la luce più bella. Molti non comunicano perché non vogliono più sapere di Terra. Fate molto male ad avere delle mire; tolgo i fluidi. Luce". (Poi però)Luciano che dice non essere i fluidi tolti bene; ci fa concentrare a tutti il pensiero ad un fiore, e il medio si sveglia completamente".

Il 28 novembre c'è un accenno ad uno spirito che sta per reincarnarsi: Luciano fa voce dicendo: "Questi vuoti d'aria che sentite è uno spirito che trapassò quando il suo corpo era ancora piccolino, è paesano. Molti non vogliono comunicare. Ora c'è uno del vostro paese, è Martini Mario; accostate un po' le tende per favorire i fluidi. Quando avevo corpo dicevo ringrazio, ora dico luce. Molti, che voi chiamate spiriti, stupiscono della vostra fede; molto sarebbe piaciuto anche a loro praticare questa fede quando avevano corpo. C'è uno che dice di essere Panzani Giuseppe, e uno che si reincarna ora chiede che preghiate tanta luce per lui; era di paese, certo Montagnani, e si reincarna nel vostro paese... Pensate che la materia non va sprecata, perché indebolendo il corpo fate male, ma dovete ringraziare Dio della meravigliosa macchina che vi ha dato. Questa civetta che sentite cantare non porta male; questa è superstizione insegnata fino da piccoli; anche la civetta è un animalino di Dio".

(30 novembre 1938) Luciano fa voce: "Luce bella a voi. Non so perché stasera vi sono soltanto due spiriti; uno è Martini Mario e uno che è trapassato da poco. Ora sento che me ne debbo andare, ho come un presentimento che uno trapassa da poco e io gli farò da guida; è come un dovere andare dove sono attratto. Sento un fluido più alto di me; oh! Se potessi vederlo, proverei anche a reincarnarmi per vedere di migliorare, ma a volte si torna indietro, ed io ho paura di questo, perciò mi contento e preferisco stare così".

(4 dicembre 1938) Ora Luciano fa voce: "Le nour di sinistra sono basse, prego per voi. Pregate per me; i miei non mi pensano, non ho più nessuno. C'è qui uno di paese trapassato da poco, e c'è un altro che la sua guida sono io, è Boris. Ricordatevi che Dio esiste. Quando avevo corpo, molto ho pensato e mi è valso tanto; mi piaceva lasciare gli amici e starmene solo per meglio pensare e riflettere. Questi colpi che ora sentite è uno trapassato da piccolo; però gli spiriti sono tutti uguali, e la differenza è solo per le vibrazioni in più o in meno che uno ha. Questo è il figlio di Baragatti e dice che perse luce nel veder soffrire il suo babbo per il male che ebbe alla gamba. Pensateli i vostri cari, a loro molto giova il pensiero. Gli scienziati che credono di pura fede, molto sveleranno, ma fino a un certo punto; dove non ci è permesso nessuno potrà arrivare. Io brucio dal desiderio di vedere da dove viene questa luce alla quale mai non si arriva. Quando siamo forti non si crede e nulla si teme; ci pare di essere eterni sulla Terra. Dio perdona sempre, come dice Marzo. Molto mi piace sentirlo; quando parla a voi lo sento anch'io con l'aiuto del medio. Quando sento Amato soffro perché desidero vedere la sua luce, ma sento per intuito. Vi sono molte guide; i più elevati aiutano i più bassi. Qui, tutto è Amore che fra gli uomini non c'è. Nell'Infinito vi sono tante cose belle da vedere"...        

Riprende a comunicare Luciano: "Al momento che uno è trapassato cerca di consolare i suoi cari e si accorge che non l'ascoltano; cerca di fare cose secondo le sue vecchie abitudini, ma non può. Allora è costretto a pregare, e prega tanto finché viene la guida dicendogli che è trapassato, e di pregare Dio e che un giorno arriverà a vedere tante bellezze; a volte lo consiglia a reincarnarsi. Noi non ci parliamo con la bocca, ma coi fluidi. La trasformazione della materia è una gran bellezza, molto più bella dei vostri fuochi artificiali. A Dio non si arriva mai; se si arrivasse sarebbe quella la fine, e la fine non esiste. Nell'attimo del trapasso è molto necessario il credere. I vostri cari hanno bisogno del vostro pensiero, molto li solleva. Quando si crede di morire si nasce. Quando uno spirito si reincarna, e la legge dell'Infinito lo permette, aiutiamo noi guide a scegliere un corpo adatto per lui. Quando un bimbo incomincia a balbettare cerca di ricordare gli avvertimenti che gli ha dato la guida. Allor che dovete fare una cosa e pensate prima di decidervi a farla, è lo spirito che pensa e che cerca sempre di comandare sulla materia; in quel momento è come una lotta, e a volte la materia vince. Io non mi reincarno; aspetto l'evoluzione con questa luce bella; sarà lenta l'evoluzione, ma ora sono libero e reincarnandomi potrei tornare indietro. Noi non vediamo con gli occhi, ma come pensando ad un posto lontano a occhi chiusi. A tutte le domande non possiamo rispondere… Quando si sono commesse brutte azioni, il trapasso è brutto. Tutte le impressioni fanno male alle nour. Niente paura; la paura non esiste ma è tutto effetto di nervi".

L'11 dicembre 1938 la seduta inizia in modo inconsueto: Mentre siamo in preparazione per metterci in seduta, il medio cade in completa trance nonostante la stanza in piena luce. Restiamo un po' meravigliati, ma subito la voce di Luciano si fa sentire per dirci che è stato Marzo a dare i fluidi senza tanta preparazione perché evocato altrove. Luciano continua: "Dio esiste, luce… Dio è bello; quando si ha corpo non si dà importanza alle bellezze che parlano di Dio. Guardate le stelle e altre cose belle, e tutto passa inosservato dicendo che sono cose che ci sono sempre state e non si pensa che è opera di Dio. Come ci è voluta una mano per costruire un grande e bel palazzo, così ci è voluto un artefice per tutto l'Infinito. Anche a me tante cose passavano inosservate e solo quando fui vecchio pensai che dovevo morire e pregai tanto; anche quando tiravo a pulito un pezzo pregavo. Ecco perché bisogna guardare di stare sulla Terra quanto più è possibile, perché con l'esperienza siamo sempre in tempo a ravvederci. Chi non crede, ma fa opere buone e agisce bene, va compatito; anche quello avrà luce. Noi non vediamo le bellezze di Dio con gli occhi, le sentiamo come fluidi; sono certe vibrazioni molto belle e armoniose che dalla Terra non potrete mai capire. Più bellezze sentiamo e più siamo vicini a Dio. Noi pensiamo sempre a Dio e molto lo preghiamo. Se gli uomini credessero di più a Dio sarebbero commessi molti meno errori. A volte siete imbrogliati da certi spiriti; ma poverini! A loro piace tanto comunicare, e spesso vogliono spiegare cose che non sanno; dopo, però, si pentono molto".        

"Al mio trapasso fui preso da un capogiro e non sentii più nulla; il mio spirito non poteva più stare nella materia che non era più adatta. Delle donne che erano lì dicevano: il polso batte ancora, riprenderà. Quindi misero il mio corpo disteso sul letto ed io ero invece a sedere; ebbi l'idea di uscire, e subito mi trovai fuori; penso a bottega, e mi ci trovo; vado per prendere la chiave, e non l'ho. Allora penso che l'ho a casa, e immediatamente mi ci trovai. Allora vedo quelle donne che pregavano vicino al mio corpo; io vado per alzarlo, ma non ci riesco. Allora dissi a loro: Ma che fate? Ma loro non mi rispondevano; provai a urlare, ma non mi rispondevano lo stesso. Io non sapevo rendermi conto; dopo un po' vedo il prete che viene e schizza il mio corpo. Io dicevo: O che fate? Io sono qui. Ma nessuno mi prestò attenzione. Mi misi a pregar tanto, e allora sentii delle vibrazioni che mi dicevano che ero trapassato e di pregare Dio; questa era la mia guida, e mi dispiace di non essere nella sua luce. Se voi poteste vedere questa forza che emettiamo per far udire la nostra voce che fu, vedreste una gran bellezza; altro che le vostre macchine!! I sogni, a volte sono veri e a volte, no. C'è qui una vibrazione che dice che ha piacere che siate nella verità, è Boris e vi dice luce. Dice pure che suo padre è nel dubbio di quello che gli raccontate, ma ditegli che sia sicuro e contento. Augura pace spirituale e dice che suo cognato ha pensato… Ci sono di quelli che non vogliono più pensieri terreni. Quando voi dite: io ho inventato, io ho fatto, pensate che è sempre Dio che fa, è merito suo; anche la sapienza che avete è Dio. La seduta fatela quando volete. Luce a tutti".

(15 dicembre 1938) Luciano: "Luce a tutti; i fluidi li ha dati Marzo. C’è qui una vibrazione, è Boris che vuole reincarnarsi per credere di più e fare tanto bene che è la via più breve per aver maggior luce, perché per migliorarsi di qua occorrono migliaia di anni; io però non lo consiglierei a riprendere corpo perché a volte si peggiora". …Luciano rivolgendosi ad uno degli assistenti a cui dolgono i denti, dice: "Come ti va? Che hai? Quando io avevo corpo e mi dolevano i denti, facevo uno sciacquo con cenere e acqua calda e mi passavano; non è roba sporca e non si manda in corpo... Apri pure le tende; mi dispiace che tu soffra, Gino, ma sai, quando si ha corpo siamo sottoposti a patire. Sai a cosa serve il corpo? A tenere lo spirito affinché questo si possa migliorare. Ora io tolgo la mia presa di contatto. Marzo mi ha detto che è nelle leggi dell'Infinito che gli vietano di esser qui; è questa una legge giusta, bella e soddisfacente che ci regola. Sai, amico, arrivo fino al Sole; più in là ci vado, ma non vedo. Tu vedessi che bellezze! Al confronto la Terra è nel buio, per voi, ma io vedo che ha luce e che dentro ci sono cose che le vostre mani non hanno certamente fatto. Io prego per voi, ma quando si ha materia si ha il male, e i dolori non mancano. Boris vi augura luce e vi sfiora, e vi ricorda che dicendo luce dite tutto. C'è qui quello che è stato domandato, Tinti; ha luce e non vuol reincarnarsi, ma per migliorarsi gli ci vorranno dei secoli. Vi lascio. Sonni tranquilli e luce".

Il 22 dicembre Luciano si informa di nuovo sulla salute di Gino Franchi: "Come stai, amico? Quando si ha corpo c'è il male; anch'io quando avevo corpo soffrii tanto per il male a un dito della mano sinistra. Tenete pensiero fisso; stasera ci sono degli elementi che fanno rumore... Le vibrazioni sono ondulate; con questo scroscio d'acqua il medio è in punto vicino alle finestre, e dà noia". Intanto Luciano finisce di consumare l'energia rimasta di Amato, e dice: "Quanto desidero avere luce come ha lui! Lo vedo e lo sento soltanto quando è qui. Ricordatevi che Dio esiste. Luce". In quest'ultima seduta Luciano si riferisce al fatto che fuori sta piovendo a catinelle, e l'acqua, battendo sulle tegole dei tetti, produce un rumore continuo che disturba la trance del medium.

Il 26 dicembre Luciano parla ancora della sua vita e del trapasso: Luciano fa voce: "Luce a tutti. Il fluido principale lo ha dato un altro. Stasera manca qualcuno. Il pensiero corre ed è nostra gioia. Vi sono tanti Luciani, ma quando pensate a me, il pensiero è mio; le vibrazioni sono infinite. L'uomo studia molto, ma tante cose passano inosservate. Quando noi vi pensiamo, che cosa sentite voi? Sentite il fischio di orecchio, o qualche brivido inaspettato. Il vostro corpo è pensiero di Dio, e l'uomo non arriverà mai a costruire degli eguali. Al mio Certaldo poche case erano giù nel basso cento anni fa. Ci è stato anche Boccacci; viene qui anche lui, ma non mi vede. Della mia vita non ricordo bene tutto, perché ora non penso più alla materia; mi ricordo di un mio amico, un certo Bartalucci che non ho più veduto; mi ricordo anche che andavo a lavorare a una fattoria sopra a Poggibonsi. Di Castelfiorentino poco ricordo. Il trovarsi vibrazioni dopo il trapasso è come un sogno che ci pare di precipitare, e risvegliandoci non è vero e si gioisce. Quando le entità vogliono comunicare con i mortali, ricordano la propria voce, a seconda se erano vecchi oppure giovani, e così, o da loro o aiutati da una guida possono far udire la propria voce come quando avevano corpo. Non date ascolto a chi vi deride o a chi vi fa del male: vi avvicinate a Dio, perché lui esiste, e un giorno vi mostrerà le sue opere".

(30 dicembre 1938) Luciano fa voce dicendo: "Luce a tutti. Stasera c'è chiasso ed io prendo male il fluido perché è mosso. Ringrazio dei vostri pensieri. Amico, mi fai il solito favore di chiudere un poco le tende perché la luce artificiale dà molta noia ai fluidi del medio. Sapete amici, io vedo anche senza medio; vedo come si vede magari un posto lontano immaginandolo. Le entità più alte non le vedo; le vedo quando si fanno vedere, e quando parlano a voi, sento anch'io. Pensate che Dio esiste. Io ascolto volentieri ciò che dice la vostra guida quando parla di quelle bellezze che non vedo, ma che ho gran desiderio di vedere. Molte vibrazioni vi dicono luce, fra le quali: Edovic, Fontanelli, Boris, Rosa. A me piaceva tanto la musica. Luce a tutti". Luciano, lamentandosi del chiasso, si riferiva probabilmente al fatto che la stanza dove si svolgevano le sedute era situata al di sopra di un bar nel quale gli avventori, bevendo e giocando a carte, schiamazzavano in modo tale che il rumore giungeva anche alla stanza delle sedute. L'accenno di Luciano alla «vostra guida» è riferito ad Amato, che era intervenuto poco prima.

(4 gennaio 1939) Luciano dice a colpi: "Sveglia il medio". Viene svegliato il medio che ricade subito in trance, e Luciano fa voce dicendo: "Ora il medio dorme coi fluidi, ma avanti si era addormentato da sé. Troppo spesso, si stanca i nervi. Noi non lo sfruttiamo; e poi, se nuocessi, la guida non avrebbe dato i fluidi"… (Si svolge la seduta, poi alla fine Luciano dice) "Ora consumo questa poca di forza rimasta. Non sentite voi quando io vi penso? Luce a tutti, e ringrazio del pensiero. Ora parlate fra voi; il medio si sveglia piano piano. Luce". È interessante il riferimento di Luciano al fatto che il medium si fosse addormentato in modo naturale, senza andare in trance. Luciano presentava poi se stesso quasi come un supplente delle vere guide che, secondo lui, erano sempre Amato e Marzo (sembra che quest'ultimo fosse quello che dava i fluidi).

L'11 gennaio ci fu un'altra comunicazione ricca di dettagli: Luciano fa voce: "Luce a tutti; non vi aspettavo. Ricordate che Dio esiste. Io prego per voi. Accostate le tende, ma non tutte. Io sento il vostro pensiero, ma cerco di non approfittare della forza di questo ragazzo perché gli voglio molto bene... C'è un'altra vibrazione, è Boris; vi dice luce. Si meraviglia e gli dispiace che non abbiate cercato di farlo credere quando aveva corpo, e domanda come ha fatto sua sorella a credere. C'è un'altra vibrazione, dice è Ammannati. Un'altra vibrazione è conte Paolo; un'altra è Boccacci e vi dice luce. I rumori durante la seduta distraggono il vostro pensiero. Nella vita pensate a Dio e agite bene. Quando dovete far qualche cosa pensate prima a Dio; e se quello che dovete fare non è cosa fatta male, non sentirete la vostra coscienza che vi rimprovera... Fra noi ci parliamo senza bocca, solo col pensiero, e pensiamo anche molto di più di voi a Dio. Il nostro desiderio è quello di vedere di più e sentirsi sempre più vicini a Dio. A volte noi vogliamo comunicare col vostro spirito, ma questo non ci dà retta perché è come imprigionato e trattenuto nel corpo. Tutto è vibrazione, ma io vedo solo le vibrazioni che la mia luce può fermare".        

"Dio vi ha dato anche questo mezzo per comunicare coi trapassati, e molti darebbero la metà della propria luce per, incarnandosi, credere in questa vera fede. Siamo venuti da Dio; dove andiamo? A Dio? A Dio! E quando arriveremo? Mai! L'Infinito è Dio. Dio è Amore, Bellezza, Sapienza e Luce, e forse un giorno ci potremo sentire vicinissimi alla grande Luce. Io avevo un amico, ma non l'ho mai veduto, e non so se si è reincarnato; se fosse più alto di me mi avrebbe cercato. Se poteste vedere, anche quando non ci pensate, quante entità vi vengono a parlare e voi non capite! Vi basterebbe vederli un solo attimo liberi, per credere. Noi non facciamo mai del male; per prima cosa manca la materia per metterla in azione, e per formarla occorre essere molto elevati, ma chi è molto elevato è pieno di sapienza e di amore. Il credere alle streghe, al folletto e al canto delle civette, sono tutte superstizioni. Io comunico con lo spirito del medio, e questo sugli organi della voce; il fluido viene di dietro dal medio e io sono alla sua destra. Quando avete paura pensate a noi". Intanto la voce si distanzia dal medio, e la udiamo proprio alle tende, mentre notiamo qualche piccolo movimento delle tende stesse. Continua a comunicare Luciano: "La mia bottega era al di là dell'arco che si sale al castello. C'è una vibrazione, è Boccacci, e dice luce. Luce a tutti. Luce anche a questo ragazzo che qualche volta mi pensa".

(16 gennaio 1938) Luciano fa voce: "Luce. Come state col corpo? Stasera avete la musica; noi la sentiamo coi nostri fluidi, anche senza medio. C'è una vibrazione, è Boris, e dice che è contento e felice, e sente gioia. Io non lo consiglierei a reincarnarsi perché a volte si peggiora. Chi pensate vi sfiora. Di qua è amore vero; sulla Terra non c'è uomo degno di rammentare Dio, come voi lo chiamate. Io quando trapassai caddi come in uno svenimento; urlavo ai miei parenti, ma non mi sentivano. Quando uno si incarna, anche se è ricco, si incarna per fare del bene... Ci sono qui delle vibrazioni fra le quali una che è da poco trapassata; ha luce, e la sua guida è Lauro di Palermo. Fra noi la gioia è vita, e aiutiamo i più bassi. Ogni Spirito ha le sue vibrazioni, perché le vibrazioni sono infinite. Tante persone si sviano dalla verità perché credono che Dio punisca; ma se punisse sarebbe cattivo. Invece Dio è sapienza ed è buono, e ci rimette sempre alla prova. Qua si brucia dal desiderio (non dalle fiamme) di avvicinarsi sempre più a Lui. Chi non sente la musica è spirito basso, perché la musica è proprio lo spirito che la sente. Ora accendi la lanterna bianca, ma prima accosta le tende; dopo riaprile piano piano: intanto consumo questo poco di forza rimasta. Luce". La musica a cui accennava Luciano era probabilmente suonata dal grammofono di casa Franchi. Col termine lanterna bianca la guida si riferiva alla lampadina elettrica della stanza dei partecipanti.

(19 gennaio 1938) Luciano fa voce augurando luce, e gli diciamo che il medio ha scritto su un foglio delle domande, desideroso che gli venga risposto da qualche entità, e che il detto foglio trovasi sul tavolo che è nel gabinetto oscuro. Luciano risponde: "La guida ha dato il fluido corto, e mi dispiace; ditelo a Marzo. Stasera ci sono tante vibrazioni; io prego per loro dicendo: Dio, liberale da tanto desiderio. C'è una trapassata da poco e che credeva, ma no come ora. Io ho creduto poco ai folletti, ma ho creduto a modo mio, e mi è valso. Io mi ricordo che ho sfamato tante volte un bambino; ero contento quando gli davo un piatto di minestra, ma non glie lo davo con le mani, glie lo davo col cuore. Quando mi veniva in bottega, anche se era una giornata molto nuvolosa, mi pareva di averci il sole. Mi dilettavo della sua ingenuità perché, come dice Marzo, quando ci svegliamo dall'assopimento si domanda il perché di tutte le cose. Ha avuto sfortuna; prese moglie, dopo del tempo si sparò e lasciò due creature. Quando trapassò mi sentiva, ma non mi vedeva. Quando siamo bassi si ricorda molto; si reincarnò e soffrì molto; anch'io persi luce". Viene domandato di uno che è precipitato da una ciminiera, certo Alberizzi Marco, e Luciano dice di pensarlo. "Eccolo; se avesse gli occhi piangerebbe; non sa rendersi conto. Vorrebbe svegliare il medio perché crede che dorma. Gli pare sempre di precipitare; crede di sognare e si vorrebbe svegliare. Non ha ancora avuto la guida; questa, per leggi dell'Infinito, può andare subito o stare del tempo. Chi deve fargli da guida lo sente; io non sento desiderio. Quando arriva la guida è gioia, ma non si vede. C'è un'altra vibrazione che il suo casato fu Forti; è contenta e le dispiace d'aver fatto quel che ha fatto; dice che trapassò al cimitero sotto i ferri di un dottore, e che il suo corpo sarebbe stato ancora suscettibile di vita mediante opportuni medicamenti. Anche lei credeva nella verità delle sedute spiritiche"... Luciano domanda: "Perché venite qui?" Viene risposto: "Perché questa è verità, e sappiamo che un giorno saremo anche noi con voi". Luciano: "Col corpo si può negare, ma con lo spirito no. Dio esiste. Luce".

Il 22 gennaio seguente Luciano descrisse l'aspetto che aveva in vita: Luciano dice di svegliare il medio perché deve prendere meglio i fluidi, quindi fa voce: "Quel Dainelli conosce Gino Baronti. C'è una vibrazione che fu donna, dice che trapassò al cimitero e che molto ha patito al distacco dello spirito; ha luce... Anche chi dice di non credere, osservando, amando e facendo del bene, crede. Molto saprà la scienza, ma fino ad un certo punto. Prendete, per esempio, un seme che è una piccola cosa, e ditegli che ne facciano uno uguale. Mai potranno farlo. La mia voce che sentite è tale e quale come era quando avevo corpo; sembra impossibile! Immaginatemi con le maniche sempre tirate su, faccia rotonda, baffi, neo lungo sul mento, capelli con un po' di pulito e un dito sciupato da una resipola. Tutte le religioni sciupano la verità alla quale è facile credere. L'amore che sentite gli uni verso gli altri, è Dio che si manifesta, non l'uomo, l'uomo è cattivo. Io ho luce e non la vedo, ma non la nego. Ah, se avessi luce da poter vedere tutte le vibrazioni intorno al medio, che bellezza! Questo è il desiderio! Gli uomini credono solo a ciò che vedono. Pregate da soli, sull'altare della Natura, molto vale. Non date retta a chi dice che noi soffriamo a comunicare con voi, perché è per noi gioia come è per voi, e ci spiace quando, in altri circoli, non fanno come voi, ma si annoiano, smettono o leticano. Sento il fluido della guida che mi dice di fare la seduta dopo un sole. Luce a tutti".

(27 gennaio 1938) Luciano: "Luce. Quei vuoti d’aria che sentivi è una vibrazione che ha avuto corpo piccolino. C'è una vibrazione che domanda di Carlo; un'altra domanda di Beppe; un'altra domanda di Beppino Lombardi, e vi dicono tanta luce. Quando suonavi, prima della seduta, io c'ero. Ci sono tre vibrazioni che stanno sempre insieme perché hanno luce uguale e si conoscevano quando avevano corpo; hanno gioia immensa e continuamente vi sfiorano. Dio dà amore, Dio esiste, Dio è fonte d’amore che non cesserà mai, Dio dà tutto, Dio dà il bene e toglie il male; ma loro invece ribattono sempre con l'inferno.  Severino, c'è la vibrazione di tuo padre". Chesi Giuseppe: "Luce a tutti". Righino: "Oh, Severino, io vi conosco tutti; luce". Luciano: "Sentire la mia vibrazione è segno che io non sono morto; questa è la verità. Ci sono diverse vibrazioni: Amneris Baragli, Luigi Buzzoni, un amico del medio che gli sta spesso vicino e che ebbe corpo piccolino; c'è Gianni Boccacci che dice di essere dietro le leggi dell'Infinito. È lo stesso incarnarsi in uno o in un altro corpo, basta fare il bene. A volte la guida può aiutare a scegliere il corpo. Ora vado. Luce a tutti".

(2 febbraio 1938) Luciano: "Luce anche a questo medio. Stasera ci sono tante vibrazioni; state molto attenti perché stancate, non noi, ma la vibrazione che prendiamo dal medio. La preghiera si fa da soli e a occhi chiusi per innalzarci con lo spirito, e molto vale. C'è una vibrazione che le faccio io da guida; è trapassata poco fa; si è suicidata avvelenandosi. È del nord d'America; si è suicidata perché il suo amato ha sposato un'altra. Aveva venti anni; debbo andare perché la mia guida le dà gioia. Luce".

(12 febbraio 1938) Luciano fa voce: "Luce. Ci sono tante vibrazioni che darei volentieri la mia luce a loro. Uno domanda di Corrado, un'altra è Paolo de' Paoli, una dice è Maggiorelli, uno dice Baragatti che trapassò piccolino, un'altra dice Tommaso". Viene domandato di papa Pio XI (che era morto il 10 febbraio), e Luciano dice: "Pensatelo. Ecco vi ha sfiorato; ora è andato via, ecco ritorna. Passa sempre dalla porta; ora mi dà pensiero, dice che si chiamava Achille Ratti e che ora crede nella verità. Ha già avuto guida, guida che ebbe corpo francese; è stupito, ma già sapeva, e dice che ha assistito a sedute. Dice che quando si ha corpo c'è odio, ma ora è felice. Vorrebbe prendere la vibrazione di questo ragazzo, ma ancora non deve; il suo spirito si staccò tre minuti prima che il corpo finisse tutti i sensi; restò turbato nell'affrontare l'Infinito. È trapassato uno di Palermo e mi sento attratto, devo andare a lui... "Ora sono contento perché ho qualcuno che mi pensa. Mi pare di averlo ancora un neo sulla parte sinistra del mento; già ricordo ancora che quando arrivava il mese di marzo sentivo una gran voglia di pestare i trucioli scalzo, già, e quel bambino che l'ho sfamato tante volte. Fate del bene senza pensarci; tenete di conto del vostro corpo che serve per migliorare lo spirito... Dio esiste; pare impossibile che si debba sentire la nostra voce. È ritornata la vibrazione di quello che fu papa e passa ancora per la porta; Dio tanto buono darà luce anche a lui. C'è una vibrazione che fu del vostro paese, e studia il fluido per comunicare; ha luce. L'essere elevati non conta per comunicare; ci sono quelli che non vogliono saper più di Terra... La guida del babbo dei Pertici è uno che fu maestro a Ferrara. Luce a tutti".

L'ultima comunicazione di Luciano registrata nei verbali è del 19 febbraio 1939: "Luce. C'è una vibrazione che dice è Boris, un'altra che è Martini, un'altra dice Capecchi, un'altra dice era Carlo, un'altra dice che si chiamava Lorenzo, un'altra vibrazione che fu papa dice: continuate, siete nella verità. Chi è Nello? C'è tuo fratello, dice luce".

Una seduta a Roma

Il 19 febbraio 1939 terminano i verbali registrati nei quaderni scritti a mano. Dopo qualche mese Silvio Ravaldini (allora tredicenne) fu ammesso ad assistere alle sedute, dunque è stato possibile fare riferimento ai suoi ricordi ed alla sua testimonianza diretta. I quaderni degli appunti però non si interrompono, ma continuano a registrare, a volte con la data ma più spesso senza, i frammenti del romanzo Gocce di Rugiada che l'entità Boccacci iniziò a dettare presumibilmente nel tardo autunno del 1939, e la cui dettatura si protrasse – seduta dopo seduta – per oltre un anno. Alla fine del 1940 le sedute dovettero essere sospese perché il medium era stato richiamato sotto le armi, e la dettatura del romanzo fu interrotta definitivamente. I verbali che ci sono rimasti riprendono dal 24 marzo 1945, e da questa data in poi sono dattiloscritti. Cerchiamo dunque di ricostruire alcuni eventi della vita di Urbino Fontanelli durante gli anni della guerra. In un primo tempo fu destinato a Roma, e fu possibile organizzare qualche sporadica seduta nel corso di brevi licenze a Castelfiorentino, poi fu inviato al fronte greco-albanese.

Lo stesso Fontanelli ha raccontato un episodio relativo al periodo bellico: «Nel 1942 mi trovavo militare a Roma ed ero stato da poco rimpatriato dal fronte albanese. Una sera, alla caserma in cui ero alloggiato, si presentò un capitano dei bersaglieri, il quale chiese del mio comandante. Dopo un breve colloquio tra i due ufficiali, fui chiamato in loro presenza e dal mio comandante stesso ebbi l'ordine di seguire in tutta fiducia quel capitano per cose che mi riguardavano, con l'assicurazione che poi sarei stato riaccompagnato in caserma. Era già notte. Una macchina militare con autista ci attendeva. Non so dove mi stavano conducendo, perché la città era al buio a causa dell'oscuramento. Strada facendo il capitano mi chiese qualcosa in merito al mio servizio militare, poi mi disse che era al corrente delle mie facoltà medianiche e che alcune persone desideravano avermi ospite quella sera per una seduta. Mi invitò ad essere tranquillo, perché l'ambiente in cui ci saremmo recati dava la massima garanzia di serietà e di riservatezza. Giungemmo davanti al portone di un palazzo, immagino alla periferia della città. Il portone si aprì subito: sicuramente eravamo attesi. Il capitano, dopo avermi chiesto se avevo bisogno di qualcosa, mi introdusse in una bella sala illuminata a luce riflessa. Le facce delle persone che vi si trovavano mi apparivano molto sfumate. Conversavano a piccoli gruppi. Appena entrai si ritirarono tutti verso le pareti della sala e sentii i loro sguardi posati su di me. Poi il capitano mi presentò ad un signore anziano, un professore. Questi mi chiese delle nostre sedute e mi disse che l'entità guida avrebbe provveduto a tutto, anche se la riunione si svolgeva in un ambiente diverso da quello a cui ero abituato. Mi invitò a rilassarmi completamente, affinché la trance fosse agevolata. Mi fece accomodare su una poltrona, mentre quei signori si sedettero intorno a me. Poco dopo persi conoscenza... Quando mi svegliai, vidi che tutti erano in piedi e parlavano fra di loro: qualcuno animatamente. Il professore mi rivolse di nuovo la parola dicendomi che tutto era andato bene e che ci saremmo visti ancora. Mi ringraziò a nome di tutti. Però, né lui né altri, mi dissero quali fenomeni si erano verificati. Il capitano mi riaccompagnò alla caserma e ricordo che quando vi giungemmo erano quasi le due di notte. La cosa, però, non ebbe seguito, perché poco tempo dopo la mia compagnia fu destinata in Jugoslavia ed io non seppi mai dove ero stato quella sera».

Quest'episodio, con il riferimento alle sedute di Castelfiorentino ed all'entità guida che avrebbe provveduto a tutto, conferma il fatto che un gruppo spiritista romano era al corrente delle facoltà medianiche di Fontanelli e di quanto accadeva a Castelfiorentino, ed era stato in grado di rintracciare il medium a Roma e di richiederne l'intervento non direttamente ma per via gerarchica militare. Purtroppo mancano altri riscontri a conferma dell'episodio al di là del racconto di Fontanelli, ma all'epoca, in Italia, le attività medianiche erano quasi sempre ammantate da un'aura di segretezza e non si svolgevano secondo criteri di ricerca oggettiva. Ravaldini ha scritto che se il medium interrompeva le sedute, anche solo per un mese o due, quando le sedute riprendevano la prima aveva sempre esito negativo, mentre nell'episodio romano, quando erano già passati forse un paio d'anni dall'ultima seduta di Castelfiorentino, si ha l'impressione che i fenomeni si siano prodotti senza problemi. In un articolo pubblicato sul fascicolo 3 del 1997 di Luce e Ombra (pag. 313 e seguenti) Ravaldini faceva riferimento a contatti diretti intercorsi tra il gruppo di Castelfiorentino ed un gruppo medianico di Roma organizzato da Otello Petrignani, che aveva per medium una non meglio identificata signora Lidia. Nel 1946 una seduta con questa medium si tenne anche a Castelfiorentino, in casa Franchi. Dunque le informazioni sulla medianità di Fontanelli si erano diffuse nell'ambito dei circoli spiritisti romani.

Vicissitudini del medium durante la guerra

Per tornare alle vicissitudini di Urbino Fontanelli durante il periodo bellico, ecco un altro episodio da lui stesso narrato a Ravaldini (tratto dal volume fuori commercio I misteri della medianità di Urbino Fontanelli 1942-1946): «Mi trovavo in prima linea sul fronte albanese-jugoslavo, non mi ricordo più a quale quota. Eravamo in guerra da pochi giorni. Io e i miei compagni eravamo convinti – secondo quanto si sentiva dire – che gli slavi si sarebbero arresi senza combattere. Invece cominciarono ad attaccarci con un nutrito fuoco di artiglieria. Immaginate la paura mia e quella dei miei compagni! Ci trovavamo in una specie di piccolo avvallamento del terreno. Eravamo dietro alberi non molto alti, ma dal tronco grosso: non ricordo esattamente cosa fossero. Ci buttammo ai piedi di questi tronchi mentre il cannoneggiamento imperversava. Le granate, che centravano in pieno le nostre linee, scoppiavano vicino a noi e vi furono molti morti. Io, rannicchiato insieme agli altri, in quei momenti rivolsi un pensiero verso l'alto, ed una invocazione di aiuto cercò di salire al di sopra delle nubi che coprivano il cielo. Un sibilo più forte degli altri ci fece veramente tremare. La bomba cadde fra noi con un tonfo sordo, ovattato, ma non esplose. Un altro sibilo seguito dal rumore di un corpo pesante che affonda nel terreno. E poi un altro ed un altro ancora... Il bombardamento finì e gli slavi, in seguito, si ritirarono. Il silenzio che seguì quell'inferno era profondissimo. Cominciò subito a nevicare. Io e i miei compagni ci alzammo e stavamo per muoverci, ma subito il capitano disse: "Attenti ragazzi! Non muovetevi! Lì c'è una bomba inesplosa e un'altra è qui, e un'altra è lì e un'altra è là...". Dei cinque o sei proiettili destinatici e caduti fra noi, senza colpire i nostri corpi, nessuno era esploso». Quest'episodio fu confermato da Fontanelli anche nella conversazione registrata nel 1973.

Un'altra vicenda relativa a questo periodo è stata ricordata da Ravaldini in un articolo pubblicato nel fascicolo 4 del 1995 di Luce e Ombra (pag. 439): «A questo punto apro una piccola parentesi, per ricordare uno dei tanti strani episodi accaduti nella vita di questo medium eccezionale: un aneddoto in cui è presumibile si siano manifestate le sue straordinarie facoltà paranormali. Si tratta di un'avventura che mi ha narrato più volte, e della quale ho ritrovato gli appunti scritti molti anni fa. Il fatto accadde quando egli si trovava militare in Jugoslavia. Mentre stava per rientrare in Italia dopo aver ottenuto una breve licenza, il treno sul quale viaggiava fu attaccato dai partigiani, che lo bloccarono in mezzo ai boschi. Non c'è bisogno di sapere quale fosse il trattamento che quei partigiani riservavano ai nemici, perché ne abbiamo avuto la prova nella recente guerra fra le varie repubbliche di quella martoriata terra: semplicemente li sgozzavano. Nella confusione che seguì l'imboscata – e che si può benissimo immaginare –, Urbino ad un certo momento fu come se fosse stato solo: tutto quanto accadeva sembrava non lo riguardasse più. Sceso dal treno si trovò dinanzi un signore mai visto prima, vestito di nero, molto elegante, che gli disse, in tono quasi autoritario, di seguirlo e di non aver paura. Ma in quale lingua glielo disse? Urbino non sa dirlo. Il fatto è che lo seguì in maniera quasi automatica ed entrambi si inoltrarono nei boschi, percorrendo sentieri sconosciuti. Non ebbe coscienza di quanto tempo passò durante quella marcia nella foresta, ma ad un tratto si rese conto che l'uomo che lo precedeva era scomparso. Allora si accorse di essere vicino ad una strada che lo avrebbe condotto in una località conosciuta. Era salvo. Questo il fatto. C'è solo da considerare che molto difficilmente un militare italiano in divisa, e un uomo vestito di nero, sarebbero potuti fuggire all'accerchiamento dei partigiani senza essere notati. Ma per fuggire bisogna correre: invece il medium ha sempre detto che lui e lo sconosciuto camminarono soltanto».

Ed ecco un altro episodio riferito da Ravaldini: «Posso ricordare, a proposito di Urbino, che quando – nel 1944 – tutti sfollammo a causa dei bombardamenti aerei, egli si recò da quei parenti (cugini) e nei pochi mesi che stette da loro capitò un fatto a mio avviso sicuramente anormale. I suoi cugini abitavano in campagna e per approvvigionarsi dell'acqua erano costretti a fare un lungo percorso perché la fonte a loro vicina era molto pericolosa, a causa di una mina, o più mine, che vi avevano collocato i soldati tedeschi in ritirata. Ad un certo momento Urbino (questo è il suo racconto) sentì dentro di sé un desiderio che col passare del tempo si fece più impellente, tanto da non poterlo frenare: quello di andare a disinnescare la mina (inconsciamente sapeva che si trattava di una sola mina) che impediva l'ingresso alla fonte. Ne parlò con suo zio, il quale gli chiese se fosse diventato matto per voler fare una cosa del genere, mettersi a un pericolo mortale senza conoscere niente di esplosivi, poiché sarebbe occorsa l'opera di un artificiere. Ma Urbino, senza dir niente a nessuno, andò alla fonte, si distese in terra e le sue mani – così disse – cominciarono a lavorare, a togliere la terra intorno e portare la mina allo scoperto. Non aveva nozione di quello che faceva, ma, inconsapevolmente, stava armeggiando sull'ordigno, disinnescandolo. Infatti "ad un certo momento – aggiunse – ebbi la sicurezza che la mina era inoffensiva"». Anche quest'episodio è confermato dal medium nella conversazione del 1973.


 

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