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L'io come emanazione dello Spirito

La funzione dell'io in relazione all'esigenza umana di giustizia

Come abbiamo visto nel post del mese di maggio dedicato all'esperienza dello Spirito da parte dell'io cosciente, alla luce di quanto si può ricavare da molti racconti di NDE, spesso il ritorno dell'io alla condizione della vita organica gli viene imposto senza tener conto del suo desiderio e della sua volontà, giustificando questa decisione col fatto che l'io – pur avendo sperimentato la dimensione spirituale – ha ancora un incarico da assolvere o una missione da portare a termine, e che può farlo continuando a vivere in questo mondo, fino al termine naturale che è stato assegnato alla sua vita umana. In qualche caso viene spiegato all'io che qualora gli venisse concesso di restare per qualche tempo nell'ambiente paradisiaco della dimensione dello Spirito, dovrebbe poi ricominciare da capo una nuova avventura umana, incarnandosi in un nuovo organismo. Sebbene sia sempre difficile distinguere le esperienze genuinamente spirituali dalle dinamiche psichiche che gli sperimentatori delle NDE potrebbero aver mantenuto come conseguenza della vita organica, si ha l'impressione che la relazione duale tra lo Spirito e l'io cosciente implichi una sorta di rapporto di lavoro, nell'ambito del quale lo Spirito affida all'io un incarico che quest'ultimo si impegna ad assolvere come meglio può, ricevendone come ricompensa la possibilità di dimorare poi stabilmente nella dimensione dello Spirito. Se l'evoluzione dell'io spirituale prevedesse comunque una serie di incarnazioni, non si capirebbe perché l'io dovrebbe preferire riprendere la sua attuale vita organica e portarla a termine, anziché rimanere nella dimensione delllo Spirito per poi iniziare una nuova vita. L'incarico assegnato all'io, anche se talvolta non in modo esplicito, consiste in genere nel manifestare nei confronti dei propri simili, in una forma o nell'altra, un amore per quanto possibile simile a quello, incondizionato e misericordioso, che esso ha sperimentato nella dimensione dello Spirito e, ovviamente, nell'informare gli altri sulla realtà di quanto ha avuto la fortuna di sperimentare.

In molti casi effettivamente si riscontra un sostanziale cambiamento dell'orientamento nei confronti della vita umana, e nei comportamenti che ne derivano, in coloro che hanno sperimentato una NDE. Dunque in qualche modo l'aver avuto accesso alla dimensione dello Spirito produce dei risultati concreti nella dimensione della nostra vita organica. Inoltre la sempre più ampia diffusione delle informazioni relative alle NDE può esercitare un'influenza sull'atteggiamento dell'io nei confronti delle sintonie psichiche umane che lo coinvolgono e dei programmi culturali prevalenti, anche in coloro che non hanno sperimentato direttamente una NDE, come si è impegnato a dimostrare lo psicologo americano Kenneth Ring in alcuni dei suoi libri dedicati a questo argomento. Ci possiamo allora chiedere se – nel presupposto che nel sistema dello Spirito sappiano quello che stanno facendo – questo incarico o questo compito affidato all'io, e da quest'ultimo accettato con poco entusiasmo (anzi, non di rado, controvoglia), faccia parte di un programma stabilito dallo Spirito solamente per favorire l'evoluzione dell'io cosciente, oppure se si tratti di un piano strategico di più ampio respiro destinato a modificare le dinamiche della psiche umana. Non si tratta di una domanda sterile, perché se nel primo caso può essere approfondito il quadro conoscitivo delle modalità mediante le quali le esperienze della vita umana possono essere vantaggiose per l'evoluzione spirituale dell'io, nel secondo caso le risorse messe in campo indirettamente dallo Spirito, tramite la vita organica dell'io cosciente, sembrano del tutto inadeguate, se lo scopo è quello di ottenere un'evoluzione progressiva ma stabile della psiche umana. Non va infatti dimenticato che l'io di un buon numero di persone mostra una decisa inclinazione a lasciarsi coinvolgere ed irretire da sintonie appartenenti alla polarità negativa della psiche: in poche parole, il male si manifesta all'io sotto forma di un vantaggio individuale (o di gruppo) ottenuto a spese di qualcun altro, anche mediante la prevaricazione o la violenza.

Va sempre riconosciuta, senza se e senza ma, l'importanza del bene nell'arginare il male e nel contrastarlo in qualche misura: se il male prevalesse oltre un certo limite, la vita organica diventerebbe insopportabile per la maggior parte di noi. Tuttavia questo equilibrio variabile rientra pur sempre nell'ambito della psiche umana: infatti l'io di coloro che mostrano un'inclinazione più o meno decisa nei confronti del male – nel pensiero, nel comportamento e nell'azione – o è soggiogato da dinamiche psichiche negative alle quali non riesce a sottrarsi, oppure – identificandosi con la propria psiche – è convinto di avere buone ragioni per pensare come pensa e per agire come agisce. Sotto questo profilo, non vi è una sostanziale differenza tra la condizione dell'io cosciente che si identifica con la polarità positiva o con quella negativa della psiche, in quanto entrambi sono al servizio di un potere che li trascende, e mentre il bene aborrisce il male, col quale deve pur sempre fare i conti nella dimensione della vita organica, il male è sempre pronto a trarre vantaggio da quella che considera la debolezza del bene. Uno degli aspetti più interessanti della dimensione dello Spirito è rappresentato proprio dall'assenza della bipolarità che caratterizza la psiche umana, per cui anche l'io spirituale di chi ha mostrato un'inclinazione verso il male vi può essere accolto, e viene – per così dire – lavato e liberato dalle scorie psichiche negative da cui era stato contaminato a causa dell'esperienza della vita organica. Nello stesso tempo, la polarità positiva della psiche umana manifesta spesso un'esigenza di compensazione, in base alla quale richiede che chi ha fatto del male – causando volontariamente e consapevolmente, in una forma o nell'altra, sofferenze agli altri durante questa vita – debba poi patire analoghe sofferenze per un periodo di tempo più o meno lungo, correlato alla quantità ed alla qualità delle sofferenze causate. Quello che viene inteso come un senso di giustizia, sempre nell'ambito delle dinamiche della psiche umana, può essere istituzionalizzato come sistema giudiziario e penale da parte di coloro che detengono il potere di formare le leggi e di farle rispettare, ma a causa dell'impossibilità di far funzionare tale sistema in modo preciso ed efficace, la psiche stessa elabora l'idea di una giustizia divina alla quale viene affidato il compito di risolvere le ingiustizie e le carenze derivanti dal malfunzionamento della giustizia umana.

Esperienze che possono essere definite come infernali sono anzitutto quelle nelle quali l'io cosciente può essere coinvolto durante questa vita, per effetto delle dinamiche della psiche umana in relazione agli eventi che riguardano il funzionamento dell'organismo: infatti un'esperienza di vita infernale può essere determinata da una malattia naturale, che causa dolori insopportabili fintanto che l'io resta prigioniero dell'organismo a cui è vincolato. In altri casi esperienze infernali per una persona (la vittima) sono determinate dal funzionamento mentale di un'altra persona, o di un gruppo di persone, che agiscono sull'organismo della vittima in modo da procurarle sofferenza. È evidente come in tutti questi casi la vulnerabilità dell'io cosciente sia determinata dalle sintonie psichiche, correlate al funzionamento organico, alle quali l'io deve sottostare: che non si tratti di un'identificazione assoluta tra l'io ed il funzionamento dell'organismo è dimostrato da tutte quelle NDE nelle quali ogni forma di dolore e di sofferenza cessa immediatamente nel momento in cui l'io si separa dal proprio organismo, anche senza l'azione di anestetici, farmaci o droghe. La percezione del dolore si riattiva intensamente quando l'io cosciente si sente di nuovo risucchiato nel proprio organismo, anche se – nel caso in cui abbia potuto sperimentare la dimensione dello Spirito durante la NDE – le sintonie psichiche mediante le quali la condizione organica viene interpretata possono essere molto diverse da quelle precedenti. Ma tornando alle esperienze di tipo infernale, è comprensibile come, data la possibilità di sperimentarle durante la vita umana, la loro esistenza sia stata (e sia ancor oggi) trasferita spesso nelle dimensioni ultraterrene, sia come deterrente per l'io (sotto forma di castigo divino) nei confronti di determinati comportamenti ed azioni di questa vita, sia come ritorsione per le sofferenze patite in questa vita da parte delle vittime di ingiustizie, violenze e soprusi, a carico di coloro che hanno consapevolmente agito come aguzzini.

Una volta liberato dalle sintonie della psiche umana, l'io può rendersi conto di come un sistema di valori diverso possa avere la sua ragion d'essere: per questo è comprensibile come la dimensione dello Spirito possa essere accessibile a chiunque – anche a coloro che hanno agito prevalentemente al servizio del male – dato che per sua natura la Luce divina si manifesta come amore incondizionato, misericordioso e compassionevole, pronta a perdonare l'io per ogni azione malvagia compiuta durante questa vita, proprio in considerazione della sua debolezza, vulnerabilità ed ignoranza di fronte alle dinamiche della psiche umana. Del resto, se il sistema delle pene può avere un senso nell'ambito della vita umana come deterrente per evitare che certe azioni vengano commesse (o quanto meno per limitarne la frequenza), una volta che un'azione che causa danni e sofferenze sia stata compiuta non si vede in che modo i tormenti riservati nell'aldilà a chi ha commesso quell'azione possano ridurre il male causato: anzi, tali tormenti contribuirebbero ad incrementare la quantità delle sofferenze patite dall'insieme degli io coscienti, e dunque andrebbero a vantaggio del male. Pertanto anche l'idea delle pene infernali rientra tra gli espedienti escogitati dalla psiche umana per agire come deterrente nei confronti di certe azioni e di certi comportamenti istigati dalle dinamiche negative della psiche stessa. Come tutte le forme psichiche dotate di energia propria, anche la rappresentazione di tormenti più o meno infernali può essere sperimentata dall'io cosciente come una realtà autonoma nel corso delle NDE angoscianti: si tratta tuttavia di forme mentali che si manifestano come realtà mutevoli, nelle quali l'io resta imprigionato per un tempo che gli appare più o meno lungo, perché privo delle risorse necessarie per potersene liberare autonomamente. Per questa ragione esso invoca spesso l'aiuto di un'entità superiore che intervenga per salvarlo da quello che esso ritiene possa essere un naufragio permanente e senza speranza in una realtà ostile e malvagia.

Le esperienze nella dimensione dello Spirito

Stando ai resoconti delle NDE, in molti dei casi in cui si verifica una revisione della vita l'io cosciente prova un sincero e profondo rammarico ed un sentimento di vergogna nello sperimentare direttamente gli effetti negativi che le proprie parole ed i propri comportamenti in questa vita possono aver causato negli altri, mentre si sente valorizzato e contento quando questi effetti sono stati positivi. Se questo è comprensibile nella dimensione dello Spirito, laddove si ha l'impressione che la coscienza possa espandersi ad una pluralità di soggetti che interagiscono tra loro in modo equanime, senza cioè che un io prevalga sull'altro, ci domandiamo quale possa essere la sostanziale differenza per cui durante la vita umana l'io pronuncia certe frasi, adotta certi comportamenti o compie certe azioni, pur sapendo che in questo modo potrà danneggiare o ferire qualcun altro, anche se non è nella condizione di sperimentare direttamente quello che gli altri sentono. Una differenza di rilievo è data dal fatto che nella dimensione dello Spirito l'io si sente al sicuro, pervaso da quell'amore incondizionato e misericordioso che lo perdona, lo comprende e lo conforta, donandogli un'energia che per l'io spirituale è nutrimento e forza. Al contrario, nella dimensione umana l'io si sente spesso in pericolo, sia per quanto riguarda la sopravvivenza ed il benessere del proprio organismo, sia in merito alle proprie dinamiche psichiche – attivate dai comportamenti e dalle parole degli altri – con le quali esso deve fare i conti. Le condizioni che si vengono a creare quando una moltitudine di organismi umani vivono contemporaneamente in un pianeta dalle risorse limitate sono determinate da un'interazione spesso conflittuale tra attività di collaborazione e tensioni dovute alla competizione naturale, e molte delle reazioni dell'io dipendono dalle difficoltà che si trova a dover fronteggiare, dai condizionamenti culturali che lo influenzano e dalle risorse di cui dispone. Vi sono tuttavia casi di prevaricazione e di dispotismo che non sono motivati da esigenze di autodifesa o di protezione, ma nascono unicamente da un desiderio di dominio, di autoaffermazione e di ambizione, che porta l'io di alcune persone a voler stabilire il proprio potere a spese degli altri.

La riluttanza e la contrarietà con cui l'io cosciente, dopo aver sperimentato la dimensione dello Spirito, si dispone a far ritorno nel proprio organismo (spesso perché costretto a farlo), ci danno un'idea delle profonde differenze esistenti tra queste due condizioni esistenziali. Tuttavia il fatto di aver sperimentato la dimensione dello Spirito relativizza notevolmente l'importanza della vita organica, che non di rado viene affrontata dall'io con un orientamento del tutto diverso da quello che esso aveva prima della NDE, proprio perché esso sembra ormai convinto che la sua esistenza non dipende dal proprio organismo, delle cui esigenze deve tener conto senza però preoccuparsene eccessivamente. Inoltre in certi casi – come si è detto – l'io ritorna alla vita organica con un surplus di energie, che fa sì che, per esempio, anche coloro che avevano compiuto un tentativo di suicidio, volendo evidentemente sopprimere il proprio organismo perché insoddisfatti delle condizioni imposte loro dal destino, riescano a trovare un significato nella vita e ad impegnarsi in funzione di quel più ampio progetto di cui ora si sentono anch'essi protagonisti. Resta il fatto che questo radicale cambiamento dell'orientamento dell'io si verifica solo in alcuni casi di morte clinica, ed è subordinato alla sperimentazione della separazione dal proprio organismo e dell'accesso alla dimensione dello Spirito. Sulle ragioni per cui le cose vadano in questo modo possiamo solo speculare: sembra evidente infatti che se le informazioni relative alle esperienze nella dimensione dello Spirito fornite – anche mediante il proprio comportamento – da coloro che hanno avuto una NDE, sono destinate ad influenzare positivamente l'evoluzione della psiche umana, un effetto molto più determinante si otterrebbe se ognuno di noi potesse conservare un ricordo indelebile di quella dimensione, al quale fare ricorso nell'affrontare le difficoltà della vita. Invece, è come se quell'esperienza, dopo essere stata cancellata dalla memoria dell'io – il quale, venendo al mondo, non conserva di solito alcuna concreta ed affidabile memoria di una propria esistenza nella dimensione dello Spirito – venisse in seguito indirettamente riattivata mediante la diffusione di informazioni su queste sporadiche avventure vissute da altri.

L'orientamento dell'io nei confronti della vita umana viene sostanzialmente modificato da un'esperienza nella quale intervengono energie di cui l'io non sospettava nemmeno l'esistenza, o che interpretava – sulla base di schemi mentali o di programmi culturali appresi – in modo molto diverso rispetto a quello che la realtà della dimensione dello Spirito, direttamente sperimentata, gli rivela. Nello stesso tempo l'io si sente obbligato, e non di rado forzato, a sottomettersi ad una volontà superiore che, in nome di una missione da compiere per amore di qualcosa, gli impone di continuare e di portare a termine il suo percorso nella dimensione della vita organica, una condizione che può diventare ancor più difficile da sopportare dopo aver sperimentato la dimensione dello Spirito, per la quale l'io cosciente sente ora un'intensa e struggente nostalgia. È evidente come la sproporzione esistente tra il potere e la volontà dello Spirito e le risorse di cui dispone l'io cosciente sia tale da rendere quasi ridicola la pretesa dell'io di conoscere in base a quale diritto, accordo contrattuale, o disegno superiore, la sua volontà di poter restare nella dimensione spirituale non venga tenuta in considerazione: è vero che l'io è già stato abituato, confrontandosi con le esperienze della vita organica e con le dinamiche della psiche umana, a sopportare la fatica del vivere dovendo impegnarsi contro forze e poteri predominanti, tuttavia proprio l'amore assoluto irradiato dallo Spirito lo indurrebbe a sperare in un diverso modo di sperimentare l'esistenza, nel quale la sua volontà, liberata dalle tensioni derivanti dalle necessità organiche e dai desideri che ne derivano, sia tenuta in considerazione. Si direbbe, sempre alla luce di quanto riferito da coloro che hanno potuto sperimentare la dimensione dello Spirito, che questo sia il premio riservato all'io per aver portato a termine la propria missione nella viita organica, ma nello stesso tempo l'io può sentire l'esigenza di comprendere meglio il significato del proprio ruolo nell'ambito di un disegno che non gli è stato rivelato, oppure che è stato costretto a dimenticare quando è rientrato nel proprio organismo.

Non di rado, tuttavia, le esperienze dell'io nella dimensione dello Spirito comportano un cambiamento di prospettiva per il quale il senso di identità personale – che l'io mantiene anche quando abbandona il proprio organismo – non impedisce la fusione in una specie di identità cosmica, per la quale l'io sente di essere connesso ad ogni parte e ad ogni cosa dell'universo, e nel contempo sente che la propria essenza comprende in sé tutto l'universo. Questo sentimento di appartenenza ad un'unità cosmica non frammentata è quasi sempre associato ad un'ineffabile emozione estatica, e viene talvolta espresso da coloro che l'hanno sperimentato con le parole (anche in questo caso, inadeguate): «Tutto è Uno», intendendo che quest'Uno è, in ultima analisi, lo stesso Spirito divino. Quest'esperienza può essere preceduta da un'intensa attrazione dell'io cosciente nei confronti dello Spirito, che lo porta a desiderare sopra ogni altra cosa di fondersi con esso, come se questo fosse lo scopo supremo ed ultimo della sua esistenza. Si tratta comunque di esperienze che coinvolgono l'io in modo molto diverso da quanto avviene per quelle determinate dalla psiche umana, sia perché la percezione del tempo e dello spazio è completamente alterata, sia perché non vi è una programmazione, da parte dell'io, delle modalità per ottenere l'esperienza, né una previsione degli effetti che l'io desidera, ma l'esperienza stessa lo sorprende, per così dire, e lo coinvolge a tal punto che l'io si fonde completamente in essa. Bisogna riconoscere che qui siamo praticamente agli antipodi rispetto al modo in cui l'io sperimenta le dinamiche della psiche umana, come organismo distinto e separato dagli altri organismi, simili ad esso ma nello stesso tempo anche diversi, e per molti aspetti sconosciuti. Quello che colpisce particolarmente – come abbiamo più volte osservato – è che il frazionamento indotto dalla vita organica e dal destino personale determina quasi sempre un'identificazione dell'io con le dinamiche psichiche che lo coinvolgono, trasferendo i conflitti che derivano dal carattere bipolare della psiche umana nelle relazioni interpersonali, ed impedendo o ostacolando il percorso evolutivo dell'io verso la propria liberazione.

La fiducia dell'io nello Spirito

Le esperienze dell'io nella dimensione della vita organica e della psiche umana sono sostanzialmente diverse da quelle della dimensione dello Spirito: quest'ultima è caratterizzata dall'amore, dalla bellezza, dallo splendore creativo e da un'estatica felicità, mentre la vita umana è un cocktail di esperienze positive e negative (non di rado tendente all'amaro, e pesante da digerire) alle quali l'io fa fronte con le risorse di cui dispone, comprese quelle determinate dalle interazioni con gli altri, impegnandosi per procedere come meglio può nel faticoso percorso che il destino gli ha riservato. Ogni vita umana rappresenta comunque un'avventura in sé, bella o brutta che sia dal punto di vista del particolare io cosciente che la sta vivendo come frammento della coscienza cosmica che sperimenta ogni dimensione dell'universo, nello spazio e nel tempo. Per il solo fatto di vivere – per un periodo più o meno lungo – l'io passa attraverso una serie di esperienze che determinano degli effetti sulla sua stessa essenza, indipendentemente dal fatto che esso ritenga che questa vita sia un fenomeno nel quale si trova temporaneamente coinvolto in modo autoreferenziale per trarne il maggior vantaggio possibile, oppure che quest'esperienza faccia parte di un programma di più ampia portata nell'ambito del quale gli è affidato un particolare compito da svolgere. Tuttavia, com'è evidente, gli effetti degli orientamenti di una moltitudine di io si ripercuotono sull'evoluzione dell'ambiente terrestre nel quale la vita organica degli esseri umani segue il suo corso di generazione in generazione, non solo sotto il profilo sociale e culturale, ma anche sotto quello naturale, come ben si riscontra in questo nostro tempo. In ogni caso l'io, sperimentando uno dei tantissimi aspetti della condizione umana, si confronta come può con le difficoltà che questa vita gli riserva.

Le informazioni sulle esperienze nella dimensione dello Spirito trasmesse tramite le NDE modificano questa condizione in quanto inducono l'io cosciente ad interpretare sotto una nuova luce la sua temporanea avventura umana, senza tuttavia presentargli un quadro conoscitivo certo ed inequivocabile in merito alla transizione tra la dimensione della vita organica e quella dello Spirito. La vita organica può essere infatti considerata come il crogiolo nel quale l'io si forma, si sviluppa e si evolve, fino a liberarsi alla fine del proprio organismo – divenuto ormai un inutile guscio – per trasferirsi nella dimensione dello Spirito, sentita come sua naturale dimora e come possibile base per l'esplorazione di altre dimensioni dell'universo. Oppure l'io cosciente può essere considerato come la manifestazione, vincolata alla vita organica, di un'entità già in sé spirituale, che non coincide con l'io, ma che cerca di assolvere un incarico o un compito che le è stato affidato attraverso l'influenza che può esercitare sull'io stesso. Entrambe queste interpretazioni pongono dei problemi alla nostra ragione – in base alle risorse intellettive di cui disponiamo – che non vengono risolti dalle informazioni che le NDE ci forniscono. Infatti, non di rado coloro che hanno sperimentato la dimensione dello Spirito si sentono in una certa misura traditi dallo Spirito stesso nel momento in cui vengono respinti e costretti a rientrare nel proprio organismo, anche se la fiducia nello Spirito infonde in loro un elevato grado di certezza di poter di nuovo tornare in quella dimensione una volta che la vita organica si sia definitivamente conclusa. Anche coloro che accettano volontariamente di tornare alla vita organica per assolvere con impegno la missione loro affidata, lo fanno sulla base di una fiducia accordata allo Spirito: l'essenza dell'energia spirituale, spesso sentita come divina (cioè emanante da un potere superiore rispetto a quelli attivi nella dimensione umana), si trasferisce in certa misura dallo Spirito all'io, determinando quei cambiamenti negli orientamenti di quest'ultimo che si riscontrano dopo il rientro nella vita organica.

Dal punto di vista dell'io cosciente, la questione relativa all'accesso alla dimensione dello Spirito si risolve abbastanza facilmente se coltiviamo la speranza che, una volta terminata la vita organica (è solo questione di tempo!), la nostra fiducia nell'amore assoluto, incondizionato e misericordioso che irradia dallo Spirito ci consentirà di essere accolti in quella dimensione, soprattutto se l'io cosciente ha raggiunto un livello di evoluzione tale da fargli sentire intensamente come quella sia la dimora alla quale naturalmente aspira. Ma per quanto riguarda la vita umana, nella quale temporaneamente ci troviamo, restano attive le dinamiche conflittuali della psiche, che producono i loro effetti a causa della frammentazione della coscienza in una pluralità di organismi, ciascuno soggetto ad un particolare destino individuale. I programmi culturali prodotti dalle elaborazioni psichiche del passato, tuttora attivi, imputano all'io cosciente la responsabilità delle proprie decisioni e delle proprie azioni, in base al cosiddetto libero arbitrio, per cui siamo costretti ad attribuire praticamente ad ogni persona un punteggio positivo per alcuni aspetti e negativo per altri, in base agli effetti che le loro azioni producono sui loro simili. Eppure la prima vittima di questo gioco complesso – e per molti aspetti incomprensibile – è proprio l'io, che in molti casi non riesce nemmeno a raggiungere un livello di coscienza sufficiente a prendere le distanze dalle dinamiche psichiche che lo coinvolgono e con le quali si identifica. Dunque, se possiamo comprendere bene come l'amore assoluto ed incondizionato che emana dallo Spirito sia pronto ad accogliere ogni io, il quale – come portatore di un frammento individuale di coscienza – ha comunque portato a termine, nel bene e nel male, il compito di vivere nella dimensione organica, resta il fatto che il potere dello Spirito non si estende alla dimensione di questa vita, che resta prevalentemente dominata dalle leggi della natura e dall'energia bipolare della psiche umana: non siamo in grado di sapere se questa condizione sia determinata dalla volontà dello Spirito stesso, oppure dalla presenza di altri poteri che dimostrano di sapere come esercitare i loro effetti.

Nel caso di coloro il cui io cosciente ha sperimentato la dimensione dello Spirito nel corso di una NDE, conservandone poi il ricordo nitido ed indelebile, possiamo dire che spesso essi diventano, in un certo senso, emissari dello Spirito nella dimensione della vita organica, avendo ricevuto quello che viene sentito come un incarico da portare a termine, alla luce della completa fiducia che lo Spirito ha ispirato in loro. Nello stesso tempo, il ritorno permanente alla dimensione dello Spirito una volta esaurito il tempo di questa vita ed assolto il compito di vivere, sembra essere per essi non solo una una speranza, ma anzi praticamente una certezza. Eppure si tratta di persone il cui io cosciente, prima della NDE, si era sviluppato e funzionava in modo conforme alle dinamiche della psiche umana ed a qualche aspetto dei vari programmi di condizionamento culturale, non diversamente da quanto accade alla maggior parte di coloro che non hanno avuto alcuna NDE. Questa trasformazione nell'orientamento dell'io cosciente si manifesta spesso con una maggiore disponibilità verso gli altri, ispirata da sentimenti di amore e di empatia, o con il bisogno di approfondire la propria conoscenza di alcuni aspetti della vita umana. Tuttavia, se è vero che l'io può sentire l'esigenza di impegnarsi al servizio dello Spirito, resta da comprendere quanto di quest'impegno sia da attribuire ad una sua libera scelta e quanto sia invece conseguenza di un obbligo che gli viene imposto: infatti, che lo Spirito possa obbligare l'io ad impegnarsi nella vita organica è dimostrato, come si è visto, da tutti quei casi in cui l'io cosciente viene respinto dalla dimensione dello Spirito – dopo averne sperimentato l'incantevole bellezza ed il fascino irresistibile – e rimandato nella dimensione organica contro la sua volonta, ed in modo non di rado traumatico. Si può argomentare che la fedeltà dell'io nell'assolvere il compito che gli è stato assegnato viene poi premiata, al termine della vita umana, con l'accoglienza permanente nella dimensione dello Spirito, magari in una posizione adeguata all'impegno dimostrato: tuttavia proprio l'amore infinito ed incondizionato dello Spirito dovrebbe accogliere l'io di chiunque abbia vissuto, per il solo fatto che ha vissuto e non per come è stato, per così dire, costretto a vivere dalla sua condizione di automa umano.

La debolezza che l'io cosciente sperimenta spesso nel corso della vita umana, per effetto della vulnerabilità del suo organismo e della propria subordinazione nei confronti delle dinamiche psichiche individuali e collettive, lo induce ad accettare il compito che gli viene assegnato dallo Spirito, soprattutto perché quest'ultimo gli offre tutto quello di cui l'io sente di aver bisogno, in armonia con la propria essenza. Questo fatto ci induce a credere che l'io contenga comunque una particella emanata dallo Spirito, una scintilla della stessa energia irradiata da esso, ma poi inglobata e nascosta dalle varie stratificazioni prodotte dalla psiche umana, che impediscono alla coscienza di entrare in contatto diretto con essa: liberandosi progressivamente dall'identificazione con le dinamiche della psiche umana che lo irretiscono, l'io può scoprire nelle profondità della propria essenza questo frammento di energia pura irradiata dallo Spirito. Tuttavia, fintanto che l'io cosciente e lo Spirito restano due entità separate, e fintanto che l'io attribuisce allo Spirito una qualità superiore e, come si suol dire, divina, l'io può sentire l'esigenza di trasformare – già nel corso di questa vita – il suo ruolo di servitore nei confronti delle dinamiche psichiche positive ispirate dalle esperienze nella dimensione dello Spirito, in quello di collaboratore dello Spirito stesso: in questo consiste la funzione svolta dalla conoscenza, dato che mentre un servitore esegue gli ordini che ha ricevuto dal suo padrone per fedeltà, per fiducia o perché vi è costretto, un collaboratore accetta volontariamente di impegnarsi nel partecipare ad un determinato progetto perché è stato messo a conoscenza dei suoi obiettivi e dei mezzi necessari ad ottenerli, e sente di condividerli. Purtroppo, nel caso della vita umana, questa conoscenza è ancora tutt'altro che soddisfacente, per cui l'io cosciente – se ritiene di non dover accettare passivamente il ruolo di servitore (inteso anche nel senso positivo, in quanto ispirato alla fiducia nello Spirito) – non può far altro che attendere pazientemente che questa vita termini, per esplorare nuove dimensioni. Va infatti ricordato che nella dimensione dello Spirito, come apprendiamo dai resoconti di molte NDE, l'io si sente finalmente liberato da tutti i condizionamenti e dai vincoli ai quali era soggetto durante la vita organica.

La fiducia dell'io cosciente in se stesso

Nelle pagine di questo blog ho più volte evidenziato come l'io cosciente sia spesso costretto a riconoscere la propria debolezza non solo a causa della vulnerabilità del proprio organismo, ma anche per la sua condizione di sottomissione alle dinamiche psichiche che lo coinvolgono, di fronte alle quali si trova spesso impreparato, privo di conoscenza ed inerme. È evidente come vi siano differenze di orientamento sostanziali tra una persona e l'altra nell'affrontare le difficoltà della vita, tenuto anche conto delle risorse di cui ogni io può disporre: le sfide che la vita organica di questo mondo impone ad ogni essere umano sono affrontate da alcuni con coraggio e determinazione, da altri con sfiducia nelle proprie risorse e con inclinazione alla sottomissione nei confronti di quelli che vengono percepiti, in una forma o nell'altra, come poteri superiori. Lo strumento mediante il quale l'io cosciente acquista un certo controllo nei confronti sia dei fenomeni naturali ed organici, sia della stessa psiche umana, è la conoscenza, che si evolve progressivamente nel tempo, dapprima mediante l'esperienza stessa del vivere, ed in seguito tramite l'elaborazione mentale di metodi di informazione e di elaborazione dei dati fondati sulle risorse intellettive di cui possiamo disporre. Il processo di acquisizione della conoscenza implica un notevole impegno da parte dell'io cosciente, se si considera che, agli albori della condizione umana, esso si trovava in uno stato di completa ignoranza nei confronti tanto dei fenomeni naturali quanto del funzionamento del suo stesso organismo. Sebbene in qualche caso le difficoltà derivanti da questa condizione venissero mitigate o compensate dall'intervento di energie, che potremmo definire magico-spirituali, canalizzate da persone particolarmente dotate ed addestrate, l'utilizzazione di tali energie non implicava una vera conoscenza delle loro cause, ma avveniva in base alla constatazione sperimentale di effetti di cui l'io si rendeva mediatore – anche tramite particolari rituali – spesso sulla base di rivelazioni passivamente ricevute, anziché mediante l'elaborazione attiva di un processo conoscitivo.

Il percorso evolutivo dell'io cosciente lo porta a riconoscere l'esistenza e l'attività di energie e di poteri nei confronti dei quali le sue capacità di controllo sono molto limitate, e che sono in grado di influenzare non solo il funzionamento del suo organismo, ma anche le esperienze e le dinamiche psichiche nelle quali viene coinvolto. Proprio questa sua condizione di debolezza e di vulnerabilità lo induce ad interrogarsi sulla propria origine e sulla propria essenza, sia per comprendere meglio il suo ruolo nella dimensione della vita umana (ed eventualmente in altre dimensioni), sia per mettere a punto le risorse necessarie ad assolvere consapevolmente gli impegni che si è assunto o i compiti che gli sono stati assegnati, con spirito di collaborazione ma libero da qualsiasi forma di asservimento nei confronti delle forze che, in una forma o nell'altra, cercano di assoggettarlo. Il percorso della conoscenza diventa dunque anche un percorso di autoconoscenza e di liberazione dai vari vincoli che le condizioni della vita organica comportano. Tale percorso è diverso per ciascuno di noi, dato che parte dalla frammentazione della coscienza in una pluralità di organismi individuali, e non è necessario interpretarlo in termini di ascetismo o di automortificazione: anche se è indispensabile, nelle fasi iniziali, che l'io si eserciti nel prendere le distanze dalle dinamiche psichiche nelle quali viene coinvolto, può serenamente godere di tutti quelle esperienze della vita organica che gli danno felicità e gioia di vivere, senza però farsi catturare dalle trappole nelle quali tali esperienze vengono spesso utilizzate come esca. Inoltre tutte le relazioni interpersonali dovrebbero essere ispirate ad un atteggiamento collaborativo, leale ed amichevole, ed i vantaggi che l'io ne può trarre in termini emotivi non possono in alcun caso derivare da un danno coscientemente causato a qualcun altro (e nemmeno al proprio organismo). Dunque, nel percorrere il sentiero dell'autoconoscenza, l'io può mantenere un benefico stato d'animo di godimento nei confronti degli aspetti interessanti, positivi e piacevoli della vita organica, senza tuttavia esserne condizionato o mostrare sottomissione nei confronti delle dinamiche psichiche che cercano di irretirlo utilizzando tali aspetti.

Ma se l'io si limitasse a vivere nella dimensione organica senza dedicare almeno una parte del tempo e delle energie di cui dispone all'approfondimento della conoscenza di se stesso ed al percorso di evoluzione e di liberazione nei confronti delle dinamiche psichiche nelle quali viene naturalmente coinvolto (nel bene come nel male, dato il carattere bipolare dell'energia psichica), uscirebbe da questa vita vulnerabile ed insicuro in merito al proprio destino, non diversamente da quando vi è entrato: per le eventuali esperienze alle quali potrebbe andare incontro una volta separatosi dall'organismo che gli consente di vivere in questa dimensione, non gli resterebbe che rimettersi all'amore ed alla misericordia compassionevole di quell'entità superiore che abbiamo chiamato Spirito, affinché lo accolga nella propria dimensione. Uno degli aspetti più interessanti – e, per così dire, innovativi – delle NDE, è dato dal fatto che molte di esse fanno riferimento alla dimensione dello Spirito come ad una condizione quasi oggettiva, e non meramente soggettiva, nella quale ciascuno di noi verrà accolto al termine della vita umana, dato il carattere non bipolare dello Spirito. Dunque le varie rappresentazioni relative ai paradisi ed agli inferni, intese come estrapolazioni delle esperienze generate dal bipolarismo della psiche umana, non trovano spazio nella dimensione dello Spirito, la cui realtà si manifesta come armonia sublime allo stato puro. Viene anche completamente superato quell'aspetto di relazione bipolare per il quale l'io, condizionato dalla psiche umana e dalla debolezza determinata dalla vita organica, si umilia come creatura, chiamando lo Spirito con termini come Signore o Dio (inteso nel senso di padrone e dominatore antropomorfo), attribuendosi poi ingenuamente le colpe del peccato, e dimenticando che lo Spirito è un'energia di cui l'io stesso conserva in sé un frammento, che manifesta il suo splendore una volta liberato da tutte le scorie psichiche con cui la vita organica lo incrosta fino a nasconderlo.

Al di là dell'interesse per le esperienze della vita umana, intesa tanto nei suoi aspetti positivi quanto nelle sfide che essa presenta e dell'impegno necessario per affrontarle, l'io è obbligato dal percorso stesso di questa vita a considerare quali sono le risorse di cui dispone nei confronti di quel mutamento radicale rappresentato dalla morte del proprio organismo: quest'esigenza può essere sentita più intensamente in età avanzata, quando alla consapevolezza che il tempo residuo da trascorrere in questo mondo si riduce di giorno in giorno si associa la constatazione che le risorse offerte dal nostro organismo si indeboliscono e perdono progressivamente di efficienza. Se è vero che nelle nostre società complesse il relativo benessere economico può indurre l'io ad affidare alle strutture pubbliche o private la gestione della parte finale della vita, oppure ad affidarsi – quando le circostanze lo consentono – agli affetti familiari, è altrettanto vero che esiste una notevole differenza tra chi deve affrontare questa fase finale in condizioni di debolezza e di incertezza e chi invece può fare affidamento sull'energia e sul potere derivanti dall'essersi impegnato per l'evoluzione dell'io cosciente e per la liberazione della sua essenza da tutte le scorie della psiche umana in cui il suo nucleo spirituale era racchiuso. Come conseguenza di questo processo di purificazione e di liberazione, la stessa gioia di vivere si trasforma naturalmente in gioia del morire, in quanto la morte viene sentita come una porta che si apre per consentire all'io cosciente di eplorare nuove dimensioni in piena libertà. Questo radicale cambiamento di sintonia non deve necessariamente comportare un declino organico debilitante e penoso, ma può avvenire in piena consapevolezza proprio per effetto del livello di evoluzione e di liberazione raggiunto dall'io cosciente, che può fare affidamento sulla fiducia in se stesso conquistata mediante l'impegno posto in questa vita (derivante dalla coscienza di essere una scintilla emanata dallo Spirito divino), che gli consente di lasciare il proprio organismo e slanciarsi senza alcun timore verso altre esperienze.


 

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