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Le trasformazioni dell'io

La rappresentazione culturale dell'identità del nostro organismo

Il principale protagonista dei vari temi trattati in questo sito è sempre stato l'io cosciente, inteso come soggetto sensibile destinatario della varie esperienze che la vita umana gli riserva, ed elaboratore che interpreta le esperienze stesse e determina le azioni da eseguire tramite il proprio organismo, le quali daranno origine anche a nuove esperienze. Tuttavia, come si è visto, la frammentazione della coscienza in una pluralità di organismi umani rende impossibile una definizione sufficientemente precisa dell'identità dell'io cosciente, in quanto la stessa autopercezione mentale di questo soggetto non solo in genere è diversa da un individuo all'altro, ma col trascorrere del tempo può subire cambiamenti di rilievo anche in uno stesso individuo. La forma di identificazione più immediata è quella relativa ad un organismo, ben distinto dagli altri organismi, il cui comportamento e le cui azioni sono chiaramente riscontrabili da parte di ogni altro organismo. Ogni organismo riceve anche informazioni ed istruzioni sulle modalità con cui deve far fronte alle sue esigenze organiche e deve interagire con gli altri organismi: questo processo di apprendimento e di programmazione avviene in parte mediante imitazione istintiva ed intuitiva di ciò che fanno gli altri organismi di riferimento, ed in parte mediante comunicazione linguistica di istruzioni su come comportarsi. Tali istruzioni, che spesso fanno riferimento all'io come ad un centro interiore di controllo dell'organismo, riguardano in parte anche le strategie mediante le quali l'io deve confrontarsi con le dinamiche psichiche che lo coinvolgono. Comunque, il modo in cui ognuno di noi identifica e percepisce l'individualità degli altri fa riferimento soprattutto ai loro organismi, ciascuno con la propria etichetta (nome e cognome) che lo classifica socialmente, alla loro apparenza estetica, a come si comportano, a come agiscono, ed a quello che dicono.

Se da una parte l'io si forma, si sviluppa e si consolida per effetto di questo processo culturale di apprendimento e di condizionamento, dall'altra parte si svolge un processo parallelo, interiore e segreto – in quanto non percepibile direttamente dall'esterno – mediante il quale l'io adempie al proprio ruolo di soggetto percettore sensibile delle dinamiche psichiche dalle quali viene coinvolto tramite la funzione della coscienza. Questo duplice aspetto dell'io è già contaminato dalla bipolarità intrinseca alla psiche umana, in quanto anche i programmi di condizionamento culturale e le istruzioni di comportamento e di interazione sociale sono determinati dagli effetti progressivi che l'energia psichica, reagendo con la forma energetica contenuta nelle scintille emanate dallo Spirito, ha via via prodotto nel tempo. Comunque in tutti noi, se il nostro cervello funziona normalmente, accanto ad un io che esercita un'influenza significativa sui nostri comportamenti e sulle nostre azioni, è presente un io che percepisce sensibilmente tutte le dinamiche determinate dall'attività mentale che la coscienza registra: pensieri, sensazioni, sentimenti, emozioni, fantasie, sogni, ecc.: ma spesso questi due aspetti dell'io non sono in armonia tra loro. Anzitutto si può osservare come l'io che controlla il comportamento e le azioni dell'organismo non sempre ha il tempo e la capacità di valutare le decisioni da prendere, dato che le dinamiche psichiche possono prendere il sopravvento facendo sì che il corpo faccia e dica cose che l'io non condivide in pieno, o di cui in seguito si può pentire, oppure può accadere che l'io si identifichi a tal punto con le proprie dinamiche psichiche da difendere per principio qualsiasi cosa il suo organismo dica o faccia: questo accade soprattutto quando il sentimento del proprio valore dipende da quella che l'io ritiene essere la stima degli altri nei suoi confronti. Può così accadere che quanto più le dinamiche psichiche coinvolgono ed irretiscono l'io, tanto più esso si lasci ingannare da pensieri e da ragionamenti contorti ed arbitrari che la psiche confeziona pur di giustificare – soprattutto di fronte agli altri, ma anche di fronte a se stesso – il comportamento del proprio organismo: questa modalità di funzionamento è talmente diffusa da essere considerata quasi come un diritto naturale, per esempio nell'ambito del sistema giudiziario, laddove si ritiene logico che una persona possa mentire allo scopo di evitare una condanna per un reato che essa sa di aver commesso.

Il funzionamento stesso dell'organismo umano, ed in particolare del cervello, fa sì che i segnali, le informazioni e gli stimoli provenienti dall'ambiente (includendo nell'ambiente anche tutti gli organismi viventi, compresi quelli umani) determinino delle reazioni psichiche, nei confronti delle quali l'io cosciente dovrebbe svolgere un ruolo di sensore, di interprete e di elaboratore. È evidente come tutto questo complesso sistema di interazioni, di funzioni e di ruoli non sia stato ideato e programmato dall'io, il quale semplicemente scopre di far parte di un gioco programmato e messo a punto da entità che gli restano sconosciute (si veda nel merito la pagina sull'Avatar ed il Giocatore nel blog 2020). Come si è detto, l'io riceve dal proprio ambiente vari programmi che comprendono tanto sistemi di interpretazione della vita umana e delle sue esigenze, quanto istruzioni sui comportamenti e le azioni richiesti al suo organismo in funzione di determinati scopi. Nello stesso tempo, l'io viene coinvolto anche dalle dinamiche psichiche interiori che raggiungono la sua coscienza. Ovviamente, anche i programmi e le istruzioni provenienti dall'ambiente culturale vengono acquisiti dall'io attraverso l'attività mentale, ma le interazioni tra le dinamiche psichiche di origine interiore autonoma e quelle determinate dai programmi culturalmente acquisiti possono presentare, a seconda dei casi, diversi gradi di armonia o di conflittualità. Nel caso in cui si verifichi un forte contrasto tra un programma acquisito ed interiorizzato ed un fattore psichico di origine autonoma – percepito dall'io cosciente sotto forma di impulso o di desiderio più o meno intenso, di sentimento o di valore da difendere – l'io viene coinvolto in un conflitto nel quale uno dei due fattori in gioco finisce col prevalere sull'altro: se prevale l'elemento che possiamo definire esterno, cioè il programma acquisito, l'io deve sopportare la sofferenza che la rinuncia a quanto richiesto dal fattore psichico di origine autonoma, cioè interiore, gli causa, mentre se prevale quest'ultimo l'io deve subire le conseguenze del non essersi attenuto a ciò che il suo ambiente socioculturale richiedeva.

Sebbene uno dei due fattori che determinano tale conflitto sia stato definito come esterno, in quanto determinato da programmi culturali o da eventi che richiedono un certo comportamento da parte dell'individuo come membro di un gruppo sociale, il conflitto stesso, quando si presenta, ha sempre una natura interiore: infatti si possono verificare casi di persone che affrontano serenamente la morte del proprio organismo, proprio perché ciò che viene loro richiesto per evitarla è del tutto estraneo alle loro dinamiche psichiche. Tra le molte varianti che presentano le forme di coercizione imposte dai sistemi socioculturali sui singoli organismi, vi sono quelle per cui programmi precedentemente acquisiti ed interiorizzati entrano in conflitto con altri programmi di origine più recente: coloro che gestiscono la propaganda dei sistemi politici totalitari sanno bene come sia molto più facile condizionare i più giovani rispetto alle persone adulte, nel caso in cui queste ultime abbiano già potuto sperimentare un sistema politico liberale. Anche la prassi della tortura viene utilizzata per introdurre un elemento interiore (il dolore fisico e la sofferenza psichica) che entri in conflitto con la determinazione dell'io nel difendere le proprie decisioni e nel sostenere i valori in cui crede. Resta il fatto che in varie circostanze l'io si sente costretto a sperimentare un conflitto di cui non conosce né l'origine né lo scopo, ma che è una conseguenza inevitabile della condizione stessa della vita organica: l'energia psichica già sedimentata ed in certa misura consolidata che gli viene trasmessa dai programmi sociali può entrare in conflitto con l'energia che viene prodotta in uno stato, potremmo dire, magmatico, mediante l'attività cerebrale del suo organismo, spesso senza che l'io abbia le risorse per dirigere questo processo in modo da poter trasformare le tensioni conflittuali in attività utile e positiva per la propria evoluzione. Di frequente il conflitto energetico nasce dall'interazione tra dinamiche psichiche che si generano all'interno di organismi diversi, facendo sì che ognuno di essi si comporti nei confronti dell'altro – più o meno intenzionalmente – in modo che l'io dell'altro debba sperimentare una tensione conflittuale.

Finché l'io si identifica con le dinamiche psichiche che lo coinvolgono, in caso di conflitto spesso prevalgono le dinamiche determinate dai programmi di condizionamento e di adattamento trasmessi dal gruppo sociale di appartenenza, che provocano la repressione o la rimozione di quelle istanze di origine interiore che risultano incompatibili con esse. Ma può anche accadere che l'io, identificandosi con le proprie dinamiche autonome, assuma un orientamento ed un comportamento di ribellione nei confronti delle richieste che gli vengono presentate, sotto forma di obblighi assunti o di doveri, dal gruppo sociale di appartenenza (sulla base dei programmi di condizionamento ricevuti), mettendo anche a rischio il benessere, la tranquillità e perfino la stessa sopravvivenza del proprio organismo. Nell'uno e nell'altro caso il carattere bipolare della psiche umana esercita la sua influenza sull'io, anche se non di rado i rischi comportati dalla fedeltà dell'io alle proprie dinamiche psichiche di origine autonoma ci inducono a vedere la condizione del ribelle sotto la luce di un'aura romantica, non scevra da un certo grado di eroismo. Questo accade perché alle dinamiche psichiche di origine interiore può essere attribuita in qualche misura un'origine spirituale, soprattutto quando entrano in conflitto con i programmi di condizionamento di una cultura orientata prevalentemente sulle esigenze materiali dell'organismo. Tuttavia, un significativo passo avanti nel processo di liberazione dell'io cosciente si verifica solamente quando l'io comincia a prendere le distanze dalle dinamiche conflittuali della psiche umana, chiedendosi quale sia la sua funzione nell'ambito di tale conflitto e perché vi si trovi coinvolto, apparentemente senza avere le risorse necessarie per risolverlo o per evitarlo. Man mano che il processo di liberazione procede, l'orientamento critico dell'io si manifesta in egual misura tanto nei confronti delle dinamiche psichiche determinate dal modo in cui il suo sistema psicofisico reagisce agli stimoli ambientali o viene condizionato dai programmi culturali che il proprio gruppo sociale gli trasmette, quanto nei confronti di quelle dinamiche che tentano di coinvolgerlo, apparentemente sgorgando dalla sua più autentica interiorità, non di rado contrapponendosi alle altre: nell'uno e nell'altro caso, infatti, il carattere alternativamente coercitivo e seduttivo della psiche umana cerca di far presa sull'io, affinché si adegui acriticamente a ciò che essa gli richiede o gli impone, rinunciando così ad approfondire la conoscenza della sua vera essenza e del suo ruolo nella vita umana.

Le fasi della vita

Via via che la vita procede, il bagaglio di esperienze e di informazioni a disposizione dell'io aumenta, contribuendo a modificare il modo in cui l'io affronta le varie condizioni che si presentano e le conseguenti dinamiche psichiche che lo coinvolgono: si tratta di un processo di maturazione che potremmo definire naturale, in virtù del quale l'io può anche riconoscere di non condividere più alcuni suoi comportamenti e scelte del passato, qualora potesse ipoteticamente utilizzare, nelle stesse circostanze, le risorse di conoscenza e di esperienza di cui adesso dispone. Ovviamente, questi cambiamenti sono in parte da attribuire ai processi che modificano nel tempo la struttura biologica dell'organismo, intervenendo anche sul funzionamento del sistema nervoso, e del cervello in particolare, come strumento mediante il quale le dinamiche psichiche che coinvolgono l'io vengono sintonizzate. L'io stesso può sentirsi piuttosto sconcertato e perplesso, quando deve prendere atto che la sua identità è legata a quella di un organismo che si modifica nel tempo, un fatto continuamente confermato dal modo in cui gli altri fanno riferimento alla sua esistenza esclusivamente sulla base del riconoscimento del suo organismo, nella fase della vita in cui esso attualmente si trova. In effetti l'io mantiene il ricordo di una parte delle sue esperienze del passato, le più importanti delle quali possono coinvongerlo con reazioni emotive più o meno intense quando vengono rievocate, dando così un senso di continuità e di identità alla sua esistenza: in qualche caso tali reazioni emotive comportano sentimenti di rimorso, di rimpianto o di nostalgia, dunque quello che è stato vissuto nel passato influenza anche le dinamiche psichiche attuali. È interessante notare come la rievocazione della vita che si verifica, in forme diverse, un un discreto numero di NDE, comporti frequentemente una nuova esperienza di vari episodi della propria vita, come se tali eventi fossero stati registrati – non sappiamo come o dove – così da poter essere rivissuti dall'io in modo molto più completo e preciso di quanto non gli sia di norma consentito dalla memoria. D'altra parte, è anche vero che nel corso della vita organica l'io può perdere ogni ricordo del proprio passato, e dunque ogni connessione col senso di continuità e di identità che la memoria gli offre, a causa di traumi o di malattie (comprese le varie forme di demenza senile) che compromettono il buon funzionamento del cervello.

Quando l'io, sulla base delle esperienze della propria vita, trova in se stesso la capacità e le risorse per riflettere e meditare sui cambiamenti che si sono verificati nel tempo, soprattutto in relazione alla sua emancipazione nei confronti delle dinamiche psichiche da cui viene coinvolto, e con le quali in passato si identificava completamente, in molti casi intraprende un percorso di ricerca verso un modo di vivere che agevoli la conoscenza e la manifestazione della propria più autentica intima essenza. In tale percorso, che potrebbe essere definito di evoluzione spirituale, l'io non vuole identificarsi con nessun modello di ascesi religiosa, ma va alla ricerca del significato dell'unicità del suo modo di essere, pur considerandolo nell'ambito delle innumerevoli possibili manifestazioni che possono scaturire dal processo creativo, da cui esso stesso è stato emanato. Questa evoluzione spirituale comporta ad un certo punto una specie di risveglio, per il quale l'io non si sente più né isolato in mezzo ad una folla né solo, ma sente di essere associato ad una o più entità spirituali nei confronti delle quali esso assume il ruolo dapprima di semplice testimone, e poi di esploratore, delle possibilità offerte dalla sperimentazione della vita umana. La percezione della connessione con le entità spirituali, oltre ad equilibrare il coinvolgimento dell'io nelle dinamiche della psiche umana, consente all'io stesso di vivere in armonia con la propria essenza, ed influenza in modo positivo tanto lo stato di salute dell'organismo quanto il funzionamento della mente e, di conseguenza, le dinamiche psichiche che vengono sintonizzate tramite la stessa. Questa condizione si traduce il una forma di felicità umana abbastanza stabile, che non viene contaminata nemmeno dagli eventi negativi nei quali l'io, per una ragione o per l'altra, può essere pur sempre coinvolto, ma entro certi limiti: infatti il sentimento di connessione con le entità spirituali fa sì che l'io si senta particolarmente protetto nei confronti di quegli eventi della vita che potrebbero provocare reazioni psichiche incompatibili con la sua sensibilità, sviluppata ed acuita come conseguenza del percorso evolutivo perseguito dall'io mediante il potenziamento della sua attività cosciente. Dunque l'io sente che anche le reazioni psichiche provocate dalle circostanze negative che può eventualmente dover affrontare non riusciranno a superare il limite che alteri l'equilibrio determinato dalla sua connessione con la dimensione spirituale.

Via via che l'io prende le distanze dalle proprie dinamiche psichiche, soprattutto da quelle che non sente come congeniali ed in armonia con la propria essenza, prova un senso di separazione e di indifferenza anche nei confronti di quegli aspetti della sua personalità del passato che determinavano scelte e comportamenti fortemente influenzati dalle dinamiche psichiche in cui veniva coinvolto. In questo caso, l'io non dimentica che in quelle circostanze, e con le risorse di cui allora disponeva, non sarebbe stato in grado di agire diversamente, né si sottrae all'assunzione di responsabilità nei confronti delle scelte compiute: tuttavia il fatto di rendersi conto che il medesimo processo di identificazione con le dinamiche psichiche che influenzavano le sue scelte e le sue azioni determina anche le scelte e le azioni degli altri esseri umani (ciascuno con il proprio io), indipendentemente dal fatto che tali azioni siano da esso giudicate positive o negative, buone o cattive, lo porta a lasciarsi alle spalle la sua stessa storia personale, o quanto meno quella parte di essa che corrisponde alla condizione di automa umano. Alla luce della sua connessione con la dimensione spirituale, ora l'io è in grado di considerare gli eventi della vita umana, ed i loro riflessi nell'attività cosciente della sua mente, per quello che sono: cioè, appunto, esperienze. L'attribuzione a tali esperienze di una tonalità emotiva positiva o negativa non dipende più dall'arbitrio spesso capriccioso di una psiche ambivalente sulla quale l'io ha uno scarso controllo, ma viene determinata in modo quasi sempre positivo, o per lo meno significativo sotto il profilo evolutivo, dalla stessa ragion d'essere dell'io come soggetto sperimentatore della vita organica, in relazione alla quale esso ora conosce bene le difficoltà che implica l'interagire con una dimensione così diversa rispetto a quella che è la sua essenza spirituale. Se un organismo umano dovesse esplorare un pianeta le cui condizioni ambientali non fossero adeguate alle sue esigenze vitali, dovrebbe anzitutto dotarsi di un idoneo involucro che, isolandolo e proteggendolo dall'ambiente esterno, gli fornisse le sostanze di cui ha bisogno e gli permettesse di espellere quelle da eliminare: analogamente, una volta che l'io cosciente ha raggiunto un adeguato livello di evoluzione, l'organismo che gli consente di esplorare la dimensione della vita umana diviene per esso l'equivalente di tale tuta spaziale.

Il tempo, o almeno la percezione che ce ne dà la nostra mente, si rivela ancora una volta come il fattore chiave dell'esperienza umana, sia perché – dal punto di vista dell'io cosciente – le esperienze si accumulano via via che il tempo passa, sia perché tali esperienze contribuiscono a quelle trasformazioni che possono aveve come effetto l'autopercezione dell'io come soggetto indipendente dalle dinamiche psichiche con cui era inizialmente costretto ad identificarsi. Si potrebbe affermare che la vita umana consiste in un'immersione più o meno prolungata in quella forma di energia che chiamiamo tempo, alla percezione della quale è connessa ogni altra esperienza, positiva o negativa che sia: non a caso quando l'io sperimenta una condizione di piacere o di felicità vorrebbe che il tempo si fermasse, o quanto meno rallentasse, mentre nel caso opposto, quando è costretto a subire il dolore fisico o la sofferenza psichica, vorrebbe che il tempo scorresse il più rapidamente possibile. Il fatto stesso che la vita abbia un inizio ed una fine, e che nel periodo in cui essa si svolge anche l'organismo sia soggetto a trasformazioni di vario genere, che influenzano in modo sostanziale le esperienze dell'io cosciente, ci mostra l'importanza del tempo come fattore essenziale della condizione umana. Per questo quando l'io riesce a liberarsi (o viene liberato) dalle dinamiche della psiche umana, la percezione del tempo cambia radicalmente, come ci viene confermato dalla maggior parte delle NDE: ad un flusso del tempo lineare ed unidirezionale si sostituisce qualcosa di simile ad un'eternità cosmica, nella quale ogni cosa viene sperimentata in quello che può essere valutato come un attimo, eppure in modo così completo ed intenso che il trascorrere del tempo sembra essere stato fermato. L'essenza dell'io spirituale non è più subordinata alle esigenze di un organismo che dapprima cresce, poi si trasforma, ed infine è soggetto ad un processo di deterioramento con il trascorrere del tempo: l'io viene liberato dalle tensioni che si vengono a creare in questa vita tra passato e presente, e tra presente e futuro. Del resto, già nel corso della vita umana l'io – una volta intrapreso il percorso di liberazione dall'identificazione con le proprie dinamiche psichiche – diventa autocosciente della propria immutabile identità, al di là del trascorrere del tempo.

Il fattore tempo comporta una sostanziale differenza tra la condizione della vita umana e la dimensione dello Spirito, almeno secondo le descrizioni di quest'ultima riportate da quasi tutte le NDE. La nostra vita organica e sociale è condizionata dal tempo al punto tale che noi sentiamo di esistere essenzialmente nel presente, e guardiamo con speranza o con apprensione al futuro, alternativamente desiderosi, preoccupati o timorosi di sperimentare ciò che potrà accadere. Il passato invece, sia che venga trasformato in ricordi piacevoli, sia che venga dimenticato o rimosso, perde ben presto di interesse, anche se determina la nostra storia personale e se alcuni degli eventi vissuti influenzano in modo spesso permanente le dinamiche psichiche con cui l'io è costretto ad identificarsi. Dunque la percezione degli eventi e delle esperienze della nostra vita, la nostra storia personale e le trasformazioni che questo processo comporta per l'io cosciente, sono determinati dal tempo, e soprattutto dal modo in cui il funzionamento ordinario della nostra mente ci fa sperimentare il suo fluire. La stessa vita umana diventa, per ognuno di noi, il tempo che intercorre tra due date, quella della nascita e quella della morte, che non sono altro che due punti segnati sulla linea temporale: al di fuori del segmento delimitato da questi due punti, cioè prima della nascita e dopo la morte del nostro organismo, quali possibilità restano all'io cosciente di sperimentare questa dimensione? E lo stesso vale, come possiamo riscontrare ogni giorno, anche per l'io di altre persone che abbiamo conosciuto attraverso le manifestazioni del loro organismo: una volta che tale organismo abbia cessato di funzionare, il loro io non riesce più a manifestarsi nella nostra dimensione, e della sua esistenza umana rimane in noi solo il ricordo del passato. Inoltre il tempo stesso, mediante il suo continuo fluire, determina lo spostamento unidirezionale del momento presente di ognuno di noi, dividendo il segmento della nostra vita in due parti, l'una – il passato – che si allunga, l'altra – il futuro – che si riduce altrettanto, spesso lasciandoci nell'illusione che il punto finale possa essere arbitrariamente spostato in avanti: il che, ovviamente, non può accadere, dato che questa illusione è alimentata solo dal fatto che non conosciamo il futuro.

L'io, l'esperienza ed il tempo

Procedendo nella nostra esplorazione delle dinamiche della vita umana, abbiamo visto come dalla condizione ordinaria ed ingenuamente normale con la quale l'io sperimenta ciò che il destino gli riserva, restando invischiato nelle sintonie della psiche con cui si identifica, si possa pervenire ad una visione più complessa ma più soddisfacente, nell'ambito della quale il ruolo dell'io acquista un significato, un'importanza ed un valore di tutt'altro rilievo. In questa nuova condizione, ogni evento di cui l'io fa esperienza si armonizza quasi necessariamente con la sua autentica essenza, ben diversamente da quanto accade quando l'io si identifica con le dinamiche che la psiche umana gli impone: è come se l'io, anziché vivere influenzato da un passato che non smette di condizionarlo, ed in funzione di un futuro al quale affida le sue speranze, ma che può anche suscitare in esso reazioni psichiche di timore e di preoccupazione, riuscisse a vivere le esperienze della vita in un eterno presente, e quasi al di fuori del tempo, fatta eccezione per le scadenze e gli obblighi che la sua appartenenza ad un gruppo sociale gli impone, a meno che non decida di andare a vivere come un eremita!

Sotto quest'aspetto si comprende come l'io, dovendo far fronte alle esigenze vitali del proprio organismo, possa incontrare non poche difficoltà nell'adeguarsi ai programmi di condizionamento dei sistemi socioculturali come quelli in cui attualmente vive la maggior parte degli umani: tali programmi, di origine psichica, sono fondati in gran parte sulle esigenze competitive di attività che si svolgono nel tempo, spesso con ritmi frenetici. D'altra parte, come ho già sottolineato, questo sito si rivolge soprattutto a coloro che, avendo già alle spalle gran parte delle esperienze della vita umana, possono usufruire dei vantaggi offerti dai nostri sistemi pensionistici, che ci consentono di non essere più costretti a lavorare per vivere. In questa condizione, il continuare a lavorare diventa una libera scelta da parte dell'io, spesso determinata dalla convinzione che il contributo offerto al funzionamento sociale abbia un profondo significato e valorizzi la propria vita: tuttavia, nella maggior parte dei casi, sono quegli stessi condizionamenti dovuti ai programmi socioculturali, in base ai quali ognuno ha organizzato la propria vita, che col passar del tempo determinano le abitudini e la pigrizia mentale che non consentono più all'io di intraprendere un proprio percorso evolutivo e liberatorio, anche quando ne avrebbe la possibilità.

Le esperienze della vita ed il trascorrere del tempo determinano una storia personale della quale l'io può diventare prigioniero, dato che proprio sulla base di essa si attivano prevalentemente alcune dinamiche psichiche piuttosto che altre: tali dinamiche psichiche, divenute consuetudini, impediscono all'io di intraprendere percorsi alternativi e lo vincolano, in un certo senso, ad una coerente continuità con le condizioni di vita determinate dal proprio passato. Com'è evidente, è la condizione di maggiore o minore soddisfazione con la quale ciascun io valuta la propria vita, in relazione al significato che le attribuisce, a stabilire l'orientamento dell'io, influenzandone le scelte sulle quali via via deve decidere, quando se ne presenta l'opportunità: si deve tuttavia riconoscere che, sotto questo aspetto, si riscontrano sostanziali differenze tra un io e l'altro, differenze che solo in parte si possono attribuire all'influenza del destino sulla storia personale di ognuno di noi. Inoltre non va dimenticato l'enorme potere che le dinamiche psichiche collettive, che si attivano attraverso le interazioni con gli altri, esercitano sulla psiche di ognuno di noi, influenzando di conseguenza le decisioni dell'io: un aspetto da non sottovalutare anche nel caso in cui l'io ritenga che il valore della vita consista nel mettersi, in una forma o nell'altra, al servizio degli altri.

Le evidenti differenze che si riscontrano nelle personalità e nei caratteri degli esseri umani – che si manifestano con particolare risalto anche nei loro ruoli sociali – ci inducono a credere che in ognuno di noi l'io sia in grado di scegliere consapevolmente ciò che desidera realizzare, ed il modo in cui vuole costruire il proprio futuro. Ma, al di là del fatto che l'io di norma tende ad identificarsi con le proprie dinamiche psichiche, i cambiamenti di personalità che non di rado si verificano in coloro che hanno sperimentato una NDE ci aiutano a comprendere come l'adesione dell'io alle esigenze progettuali determinate dalla psiche umana possa non essere in armonia con la sua essenza spirituale. A questo punto è opportuno non spingersi oltre, per non correre il rischio di voler suggerire agli altri forme di comportamento o di orientamento che andrebbero ricercate da ciascun io in modo autonomo, ma pur sempre alla luce di un impegnativo lavoro di approfondimento della conoscenza della propria essenza, e di valutazione critica delle dinamiche psichiche nelle quali l'io stesso viene coinvolto in forma individuale. Comunque, nelle pagine di questo blog è già stato sufficientemente evidenziato il potere della psiche umana, nelle varie forme in cui il carattere bipolare dell'energia psichica si manifesta, nell'assoggettare l'io alle proprie esigenze, facendo leva soprattutto sulle richieste dell'organismo.

Il nostro interesse nei confronti dell'io cosciente ha dunque un significato particolare solo in quanto l'io sente il bisogno di sottrarsi al potere che la psiche umana esercita su di esso, altrimenti si riduce ad un'investigazione delle varie modalità con cui l'una o l'altra gamma di sintonie presenti nella vasta galassia della psiche coinvolge ed irretisce l'io, costringendolo ad identificarsi con le proprie dinamiche psichiche ed a difenderle di fronte a se stesso e, soprattutto, di fronte agli altri. Il percorso di differenziazione dell'io dalle sintonie psichiche che lo coinvolgono non implica l'interruzione o la cessazione dell'attività psichica, dato che quest'ultima è intrinsecamente connessa al funzionamento del sistema nervoso dell'organismo: tuttavia la valutazione critica che l'io cosciente impara ad esercitare nei confronti delle proprie dinamiche psichiche, mediante un costante allenamento, produce nel tempo dei cambiamenti di rilievo non solo nelle modalità con cui la psiche si manifesta all'io, ma anche negli stessi contenuti delle sintonie psichiche, che risultano molto meno coercitivi e molto più in accordo con le esigenze di evoluzione spirituale che l'io sente di avere. In questo senso, quelli che possono essere considerati e percepiti come cambiamenti dell'io sono interpretabili – in modo più appropriato – come cambiamenti nelle sintonie mediante le quali le psiche si manifesta all'io e si confronta con esso: l'io cosciente, in effetti, andrebbe considerato come un'entità per sua natura immutabile, ma non per questo non assoggettabile da parte della psiche.

Ancora una volta, dunque, la condizione umana ci induce ad interpretare sotto il profilo dello sviluppo temporale un duplice processo, che da una parte vede l'io cosciente sempre meno condizionato e condizionabile dalle dinamiche della psiche con le quali inizialmente si identificava, e dall'altra comporta un'evoluzione delle sintonie psichiche attivate dal sistema nervoso dell'organismo, che si manifestano in una forma più adeguata alle esigenze derivanti dall'essenza spirituale dell'io. Molto probabilmente la finalità di questo processo potrà essere pienamente compresa solo quando l'io cosciente, una volta uscito dalla dimensione temporale della vita umana, farà ritorno alla dimensione dello Spirito, portando con sé – nella sua stessa essenza e nella registrazione degli eventi psichici della propria vita – gli effetti di quella trasformazione che ha avuto inizio quando i primi barlumi della sua coscienza lo coinvolgevano nelle esperienze psichiche. Una volta compreso nella sua integrità – al di là della relativizzazione che la nostra percezione del tempo comporta, offrendoci la visione di un insieme di eventi concatenati che l'io sperimenta l'uno dopo l'altro – il processo tramite il quale l'io cosciente, interagendo con la psiche umana, provoca della trasformazioni anche in quest'ultima, ci appare ineluttabile alla luce delle sue stesse dinamiche energetiche.

Uno studio attento ed approfondito degli stati di coscienza non ordinari – sia che si verifichino in modo spontaneo, sia che vengano indotti dall'assimilazione di sostanze psichedeliche – e, soprattutto, delle NDE, ci fa constatare come la gamma delle sintonie psichiche che l'io cosciente può sperimentare sia molto più ampia rispetto a quella, già di per sé complessa, che normalmente sperimentiamo nel corso della vita umana. Il modo in cui ciascun io cosciente si muove all'interno di questo complicato labirinto di esperienze psichiche dipende evidentemente da qualcosa che lo orienta e lo guida, e che tuttavia si manifesta diversamente nell'individualità della vita organica e nel suo sviluppo temporale. Nella maggior parte dei casi l'io viene orientato e guidato dai programmi di condizionamento determinati dalle sintonie psichiche particolarmente potenti attivate mediante le interazioni tra un gran numero di cervelli umani: identificandosi con le proprie sintonie psichiche, alle quali l'io – ritenendole particolarmente significative – attribuisce il valore della propria individualità, l'io svolge il proprio ruolo nella vita, quale che esso sia, in modo pressoché automatico. In linea di massima questa è la condizione in cui gli esseri umani si trovano nella prima metà della vita, quando la coscienza e l'intelligenza non si sono ancora sufficientemente evolute per poter affrontare autonomamente il problema del significato della vita per l'evoluzione dell'io. Il fatto poi che in molti casi, come si è detto, questa condizione perduri anche nella seconda metà della vita, dimostra che anche ad essa deve essere attribuito un significato, o quanto meno una funzione importante, nell'ambito delle dinamiche che guidano – o piuttosto dirigono – l'io nella vita organica.

Anche nei casi di ribellione o di contestazione nei confronti dei programmi socioculturali prevalenti, l'io viene coinvolto nelle contraddizioni conflittuali determinate dalle dinamiche della psiche umana, che possono manifestarsi mediante la condivisione, da parte dell'io, del valore di posizioni anarcoidi, ribelli e perfino criminali. L'assoggettamento dell'io da parte delle sintonie psichiche che lo coinvolgono, e la conseguente identificazione con le dinamiche psichiche attivate dal proprio organismo e dalla sua storia personale, sono identiche a quelle di coloro il cui io si adegua acriticamente ai programmi culturali dominanti: l'unica differenza può consistere nel fatto che, mentre i programmi culturali che perseguono una forma più o meno soddisfacente di ordine sociale possono essere considerati, nel complesso, come manifestazioni della polarità positiva della psiche, le dinamiche anarcoidi e delinquenziali hanno effetti caotici e disgregativi, e dunque rientrano nell'ambito della polarità negativa. Questa incapacità dell'io di assumere una posizione autonoma nei confronti delle dinamiche psichiche che lo affascinano e lo irretiscono perché – dato che provengono da quella che esso ritiene essere la propria interiorità – si contrappongono ai programmi culturali che l'ambiente gli trasmette, può determinare nel tempo una serie di cambiamenti di orientamento, quando l'io si rende conto che i risultati delle proprie decisioni sono molto diversi da quelli che esso si aspettava: l'ingenua fiducia che l'io ripone nei confronti delle proprie sintonie psichiche, cioè in quelle determinate dal funzionamento del suo cervello, deve in qualche modo entrare in crisi affinché l'io possa intraprendere un proprio percorso di differenziazione dalla psiche e di autoconoscenza.

In ogni caso tutti i cambiamenti che noi percepiamo nel loro svolgimento temporale possono essere interpretati come un unico processo mediante il quale l'io si evolve da una condizione di passiva acquiescenza nei confronti delle dinamiche psichiche da cui viene coinvolto – che si manifestano tanto nei condizionamenti socioculturali quanto nelle proprie reazioni interiori – ad una posizione di ricerca di una propria autentica essenza identitaria, nella quale si possa sentire più libero ed indipendente, e nei confronti della quale le manifestazioni psichiche determinate dal funzionamento del suo organismo e del suo cervello mostrino un'armonia, una sensibilità ed una finesse adeguate al ruolo che è chiamato a svolgere in questa vita. Anche se non è corretto sostenere che, con questo percorso di ricerca, l'io possa pervenire ad un controllo completo della propria attività mentale, e dunque delle dinamiche psichiche che ne derivano (sono molto pochi coloro che riescono ad ottenere tale controllo), tuttavia non solo il coinvolgimento dell'io da parte di dinamiche insoddisfacenti diminuisce progressivamente, ma la stessa possibilità da parte della psiche di manifestarsi in modo aggressivo o coercitivo nei confronti dell'io viene meno. Quello che era un rapporto di dominio, nel quale l'io, soggiogato dalle proprie dinamiche psichiche, doveva poi difenderle per difendersi nei confronti delle reazioni degli altri, si trasforma in una relazione di collaborazione amichevole, nella quale la psiche opera in modo positivo, aiutando l'io nel percorso della vita, senza causargli inutili ed avvilenti difficoltà, anche per quanto riguarda il funzionamento del suo organismo.

La difesa dell'io

Come si è visto, le dinamiche psichiche che coinvolgono l'io danno a volte l'impressione di volerlo difendere dalle conseguenze – immaginate o percepite dall'io come sgradevoli o penose – di determinati eventi, o di scelte e comportamenti messi in atto sempre dall'io in certe occasioni. Questo è il motivo per cui, per esempio, in alcune circostanze viene considerato normale – o quanto meno umanamente comprensibile – mentire. Nell'affrontare questo tema è tuttavia importante fare una distinzione preliminare tra quella che è la difesa dell'io e quella che è la difesa dell'organismo a cui l'io è connesso: ovviamente, se si ritiene che l'io si debba identificare con il suo organismo, tale distinzione diventa superflua. Comunque, anche un'indagine superficiale mette in evidenza come il carattere bipolare delle dinamiche psichiche può determinare sia comportamenti di tutela, sia azioni rischiose per l'integrità, la salute ed il buon funzionamento dell'organismo. Il modo in cui tali dinamiche si manifestano è variabile da un individuo all'altro, e cambia anche nelle diverse fasi della vita di una persona: i giovani sono senza dubbio più inclini a compiere azioni che rischiano di danneggiare l'organismo, rispetto alle persone più mature. Inoltre la psiche, nel suo funzionamento spontaneo quale si può osservare in condizioni naturali, non sembra disporre di conoscenze affidabili in merito alla complessità del funzionamento dell'organismo e dei rischi che le azioni che essa stessa induce a compiere possono comportare per quest'ultimo. Ne possiamo concludere che le dinamiche psichiche comportano sia la difesa dell'organismo, sia il coinvolgimento dell'io in attività rischiose, poco salutari o lesive nei confronti del buon funzionamento dello stesso.

Per quanto riguarda l'eventuale funzione di difesa dell'io, le dinamiche psichiche si manifestano spesso sotto un duplice aspetto: da una parte contrappongono l'io all'altro, o agli altri, convincendolo del proprio particolare valore ed assegnandogli una posizione privilegiata, mentre dall'altra fanno credere all'io che anche gli altri funzionano allo stesso modo, e dunque la competizione deve essere considerata come una necessità imposta dalla vita organica. Queste dinamiche psichiche sono in gran parte recepite dai programmi culturali che determinano i condizionamenti sociali dell'io, i quali, al di là di generiche dichiarazioni di solidarietà e di rispetto reciproco, non riescono poi ad evitare di incorrere nelle contraddizioni determinate dal bipolarismo psichico da cui hanno avuto origine. Spesso dunque la psiche ha buon gioco nel persuadere l'io a trarre vantaggio da particolari circostanze, anche se tale vantaggio comporta un danno o una sofferenza per qualcun altro. Nel caso poi in cui le leggi sociali vogliano punire l'io per aver danneggiato l'altro, causandogli a loro volta un danno o una sofferenza, quasi sempre la psiche fa il possibile per escogitare qualche piano di difesa che l'io accetta prontamente, senza considerare il fatto che proprio a causa della propria acquiescenza alle dinamiche psichiche da cui si è fatto coinvolgere si trova ora in una sgradevole condizione.

Fin quando l'io resta subordinato alle dinamiche psichiche attivate dal funzionamento del suo organismo, identificandosi con esse, subisce le conseguenze dell'ambivalenza mutevole e contraddittoria della psiche, che si estrinseca soprattutto mediante le interazioni tra gli organismi: ognuno, interpretando più o meno automaticamente o coscientemente il ruolo che il destino e le proprie sintonie psichiche hanno determinato, interagisce con gli altri nella complessità, in parte regolamentata ed in parte caotica, di un gioco delle parti che sembra costituire la quintessenza della vita umana. Ma dal punto di vista di un io che sia divenuto cosciente dell'importanza della vita come opportunità di conoscenza e di evoluzione della sua componente spirituale, il confronto con la psiche è interessante solo nella misura in cui l'io riesce a non farsi assimilare e sottomettere dalla stessa psiche, la cui tendenza è quella di proteggere l'io per controllarlo e per usarlo, senza alcun particolare riguardo per la sua essenza spirituale. Ovviamente, per potersi confrontare con la psiche umana in modo efficace, l'io deve farne esperienza diretta e viva, immergendosi nella vita organica per registrare con la sua sensibilità tutta la gamma di sintonie psichiche che il suo organismo e gli eventi in cui esso viene coinvolto gli consentono di attivare. Ma, raggiunta una certa età, è necessario per l'evoluzione dell'io che a questa fase di sperimentazione ne segua un'altra di riflessione e di studio.

Quello che l'io percepisce come il fluire del tempo, nel quale tutte le cose fatte si succedono in un ordine immutabile, e le cose da fare vengono programmate ed eseguite a ritmi intensi, in una continua interazione delle attività di miliardi di organismi umani, ciascuno dotato di un io più o meno consapevole della propria esistenza, perde di importanza e viene meno come realtà quando il cervello smette definitivamente di funzionare e – secondo quanto ci rivelano le NDE – l'io comincia a sperimentare una dimensione fuori dal tempo. L'aspetto più sconcertante, ed insieme più affascinante, di questo processo, è dato dal fatto che la morte è il destino inevitabile di ogni organismo, e dunque l'io quasi sempre vive non per evitare la morte – alla quale non può comunque sottrarsi – ma per prolungare il tempo nel quale deve sperimentare le vicende e gli eventi di questa vita, cercando di comprendere il significato di questo enigmatico fenomeno. Ma proprio il flusso del tempo, così come noi lo sperimentiamo, determina quel divenire – in cui tutto può mutare – che rende impossibile per l'io la comprensione del fenomeno nella sua totalità. Inoltre, come abbiamo più volte osservato, la frammentazione della coscienza in una pluralità di organismi umani comporta una naturale diversità negli orientamenti dei singoli io, che di norma si identificano più o meno completamente con le sintonie psichiche che il destino riserva a ciascuno di essi.

Fermo restando il fatto che, nelle condizioni determinate da questa vita, l'io deve occuparsi in qualche misura dai bisogni del proprio organismo, vi è tuttavia una differenza sostanziale tra l'essere passivamente asservito alle dinamiche della psiche umana – considerate non solo come fenomeni individuali, ma anche come conseguenza dei condizionamenti culturali e delle relazioni sociali – ed il sentire l'esigenza di conquistare, nei confronti di tali dinamiche, un'autonomia ed una capacità di valutazione che siano più in sintonia con quella che l'io sente come la sua autentica essenza, eterna in quanto al di là delle contingenze determinate dal fluire del tempo. Ma è pur vero che il destino dell'io della maggior parte degli esseri umani sembra essere quello di vivere più o meno passivamente ed inconsapevolmente il loro ruolo, quale che esso sia, in quanto determinato dalle complesse interazioni bipolari della psiche. In base a quanto ci viene riportato da molte NDE, lo Spirito accoglie nel suo amore assoluto ed incondizionato ogni io cosciente, una volta che esso sia stato liberato dai condizionamenti del suo organismo e – di conseguenza – della psiche umana: sembra dunque che, per il solo fatto di vivere, l'io abbia eseguito il compito che gli era stato assegnato, indipendentemente dal fatto di essere rimasto soggetto, in modo remissivo, alle dinamiche positive o negative della psiche. Lo Spirito, dunque, non giudica né premia o punisce, ma accoglie l'io al termine di un viaggio difficile e non di rado tribolato.

Però, quando l'io fa ritorno alla vita organica dopo aver sperimentato una NDE, ne risulta quasi sempre trasformato in accordo con un orientamento che potremmo definire più spirituale, in quanto meno condizionato dalle esigenze della vita organica e – soprattutto – dall'acquiescenza nei confronti delle dinamiche psichiche prevalenti nell'ambito sociale e culturale di appartenenza. La diffusione delle informazioni sulle esperienze nella dimensione dello Spirito e sull'impatto che esse hanno avuto sul modo in cui l'io in seguito sperimenta ed interpreta la vita organica, può determinare un effetto a catena in grado di esercitare, col tempo, alcuni cambiamenti anche nelle dinamiche con cui la psiche si manifesta culturalmente. L'aspetto più significativo delle trasformazioni dell'io conseguenti alle NDE è costituito dal fatto che quasi sempre l'io è perfettamente cosciente di essere cambiato, in quanto conserva la memoria di come era prima della NDE, di quali erano i suoi orientamenti ed i suoi valori e del significato che esso attribuiva alla propria vita. Si potrebbe aggiungere che questo cambiamento dell'io consiste essenzialmente nella capacità di sperimentare coscientemente una nuova gamma di sintonie psichiche che prima gli erano precluse e che – nel momento in cui ne diviene cosciente – si rivelano molto più in armonia con la sua autentica essenza di tutte quelle che aveva potuto precedentemente sperimentare.


 

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